l'intervista

Don Antonio Coluccia: «Puglia terra di narcotraffico, la mafia e la droga sono le vere emergenze»

Gianpaolo balsamo

Il sacerdote salentino icona della lotta alla criminalità, ieri a Giovinazzo: «Legrottaglie ucciso da mano vile. Oltre il dolore, bisogna reagire»

Più volte ha rischiato di morire e, anche qualche giorno fa, nel quartiere Quarticciolo di Roma, don Antonio Coluccia, il coraggioso sacerdote salentino che si batte contro la mafia e contro la droga nella capitale, è sfuggito all’ennesima aggressione: sono state lanciate pietre oltre che insulti contro il don, i suoi angeli custodi della scorta ed alcuni residenti che di solito lo accompagnano mentre porta avanti la sua coraggiosa battaglia contro l’illegalità.

«Sono solo un sacerdote della Chiesa cattolica, della Chiesa di Dio. Un prete vocazionista», dice don Antonio che, proprio come don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993 a Palermo, non ha paura di dare «fastidio» alla criminalità e ai boss, «armato» di rosario, fischietto e megafono e portando in giro il messaggio di amore e di speranza del Vangelo tra i piccoli e gli ultimi nei quartieri periferici di Roma, quelli che nel senso di abbandono materiale e morale rischiano di perdersi.

Ieri sera don Antonio Coluccia è stato ospite di «Conversazioni dal Mare», il festival letterario di Giovinazzo. Riccardo Bocca ha scritto un libro («Il prete indigesto») sulla vita e le lotte del sacerdote salentino trapiantato a Roma.

Don Antonio, la premier Giorgia Meloni sui social le ha espresso solidarietà: «Chi sfida la criminalità con coraggio e difende la legalità non deve mai sentirsi solo. Siamo al tuo fianco, sempre». Cosa ne pensa?

«L’ho ringraziata e attraverso lei ho ringraziato anche le tante mamme-coraggio che combattono ogni giorno la piaga della droga che è un male sociale, è l’”eucarestia di Satana” e la lotta allo stupefacente è una lotta culturale».

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