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Lecce, scontro sull’«eredità» da 49 milioni: «Servono a rientrare prima dal debito»
Il centrosinistra replica alle accuse di Poli Bortone. Salvemini: «È smemorata»
LECCE - I 49 milioni che l’allora sindaco Carlo Salvemini dichiarò di aver lasciato dopo la verifica straordinaria di cassa, che per legge viene effettuata un mese dopo il cambio del sindaco, per l’attuale prima cittadina non ci sono. All’epoca della verifica, il 19 luglio 2024, il predecessore rese noto il segno positivo sui conti: «Questa mattina sono tornato a Palazzo Carafa per la cosiddetta “verifica di cassa straordinaria”: passaggio obbligatorio che la norma prevede tra il sindaco uscente e il subentrante alla presenza del dirigente dei servizi finanziari, del collegio dei revisori, del segretario generale. Serve a verificare che la situazione economica finanziaria che risulta dai documenti del comune corrisponda ai dati della tesoreria. Cosa ho consegnato alla sindaca Poli Bortone? Cassa positiva al 27 giugno per 49 milioni. Nessun ricorso alla anticipazione di tesoreria. Nessun pignoramento in essere. Il modo migliore di governare è impegnarsi a lasciare una situazione migliore di quella ricevuta».
Nella conferenza di fine anno il sindaco Adriana Poli Bortone ha affermato di non avere notizia alcuna di queste somme tant’è che ha esortato l’ex sindaco: «Ci dica dove stanno». Salvemini le ha poi risposto sui social invocando «una Smemoranda, per contrastare la perdita di memoria politica e amministrativa» ma senza entrare nel merito di quel saldo positivo.
Scioglie il rebus l’ex assessore ai Tributi Christian Gnoni, oggi capogruppo di “Coscienza civica”: «Forse il sindaco Poli Bortone quando ha sentito che c’erano 49 milioni in cassa ha pensato che avrebbe potuto spendere allegramente: così non è. L’amministrazione Salvemini, avendo ereditato un debito pesantissimo dal centrodestra, ha operato come un buon padre di famiglia e si è rimboccata le maniche per risanare le casse. I 49 milioni, insieme ad altre voci di bilancio, sono stati utilizzati per accorciare il tempo di restituzione del debito che sarà estinto nel 2028 e non nel 2033. Questo vorrà dire che Lecce, con cinque anni di anticipo, potrà tornare ad avere libertà d’azione nel bilancio - attualmente vincolato al rientro dal debito - e godere i frutti del sacrificio fatto con una minore pressione fiscale o un miglioramento dei servizi. Ma questo lo deciderà l’amministrazione in carica».
Salvemini, dal canto suo, bacchetta il sindaco: «Scopre oggi che il bilancio è ingessato, a causa del piano di risanamento che obbliga il Comune a quote di ripiano del debito che sottraggono risorse per finanziare i servizi pubblici; che il personale del Comune è inadeguato, per il blocco del turnover imposto ai Comuni a partire dal 2010 che ha determinato riduzione del personale in servizio ed aumento dell’età media. È dal 2019 che nelle discussioni di bilancio - come dimostrano gli atti e i resoconti - si sono evidenziate le fatiche e i sacrifici conseguenti alla manovra di riequilibrio, senza mai nascondere nulla. Che lei come consigliera di opposizione dovrebbe ricordare benissimo. Le abbiamo messe nere su bianco nel Piano di riequilibrio pluriennale riformulato e nel Patto per Lecce, entrambi esaminati da Mef e presidenza del consiglio e votati in aula. Oggi capiamo dalle sue parole che o era distratta o non ha compreso di cosa si parlasse». Tra le critiche mosse da Poli Bortone all’ex maggioranza anche quella sulla «monocultura» praticata nella biblioteca comunale dove «l’unico abbonamento è per il Manifesto». Salvemini precisa che quello «non è un luogo pensato per esercitare l’egemonia culturale della sinistra... (che enorme sciocchezza pensarlo e dirlo), ma una fondamentale infrastruttura sociale nel quale si creano legami, si pratica inclusione, si rafforza coesione e si investe in fiducia. Un luogo che prima non c’era e oggi è realtà».