Il caso
«Sbirri morti» sui muri di Lecce, don Antonio Coluccia indignato: «Un vero sfregio alla legalità»
Il prete antimafia difende le istituzioni nel quartiere «Le Vele»: «Sono scritte oltraggiose che chissà da quanto tempo stanno lì sul quel muro ed è inaccettabile che nessuno dica nulla»
LECCE - Un insulto-minaccia rivolto alle forze dell’ordine racchiuso in un numero (1312), acronimo di Acab (All Cops Are Bastard) in base alla posizione delle rispettive lettere nell'alfabeto.
E poi, per essere ancora più incisivi, un’altra scritta minacciosa («Sbirri morti») vergata allo stesso modo con la vernice nera sul muro esterno di un edificio ai margini della città, nella periferia di Lecce, nel quartiere le «Vele», tra lo stadio e la 167, da sempre considerato dalle forze dell’ordine il «quartier generale» di gruppi criminali capaci di piazzare droga in tutto il Salento leccese e brindisino.
Qui, d’altra parte, tra le palazzine, è un caleidoscopio di esistenze e storie, annidate tra le crepe degli intonaci delle case, i viali alberati e l’asfalto. Tra i profili di cemento dei palazzi svettano le «Vele», abitazioni popolari i cui tetti sembrano spiegarsi verso l’Adriatico lasciandosi alle spalle la città.
Ieri, proprio tra questi palazzi, don Antonio Coluccia, il coraggioso sacerdote pugliese che si batte contro la mafia e contro la droga nella capitale, ha incontrato un residente del quartiere che ha richiamato la sua attenzione e gli ha mostrato la scritta oltraggiosa nei confronti dei poliziotti, impegnati ogni giorno insieme a carabinieri e finanzieri, per contrastare il malaffare e i loschi traffici e garantire tranquillità ai residenti.
«Quelle scritte e quelle minacce sono uno sfregio alla legalità», tuona don Antonio che, proprio per la sua battaglia che sta portando avanti contro la criminalità che controlla le piazze di spaccio nei quartieri periferici di Roma come San Basilio, Quarticciolo e Tor Bella Monca, più volte ha rischiato di morire e per questo vive da tempo sotto scorta, circondato sempre dai suoi «angeli custodi».
«Sono scritte oltraggiose che chissà da quanto tempo stanno lì sul quel muro ed è inaccettabile che nessuno dica nulla», continua il prete salentino originario di Specchia. «La scritta ”Sbrirri morti” mi indigna perché si riferisce alle istituzioni che sono ben rappresentate dalla Polizia di Stato, dall’Arma dei carabinieri e dalla Guardia di finanza. Istituzioni che sono al servizio dei cittadini. I politici dovrebbero ugualmente indignarsi e mandare subito qualcuno a cancellare queste scritte».
Don Antonio, il prete vocazionista che, proprio come don Pino Puglisi (ucciso dalla mafia il 15 settembre del 1993 a Palermo), non ha paura di dare «fastidio» alla criminalità e ai boss, «armato» di rosario, fischietto e megafono e portando in giro il messaggio di amore e di speranza del Vangelo tra i piccoli e gli ultimi nei quartieri periferici, chiama in causa anche i futuri amministratori della città di Lecce dove si voterà, il prossimo mese di giugno, per il rinnovo del consiglio comunale e del sindaco.
«Si parla tanto di legalità nell’impegno politico di coloro che saranno i futuri amministratori della città - aggiunge - ma non si dà importanza a ciò che sta accadendo e a ciò che è scritto sui muri della città».
E ancora: «L’indifferenza non è un’arma. Non si può far finta di niente perché, così facendo, si delegittimano gli uomini delle istituzioni».
Don Antonio è fermamente convinto che non bisogna abbandonare le periferie com’è, appunto, il quartiere leccese delle «Vele», in linea con la sua missione condotta in varie borgate della capitale.
«La periferia deve essere vista come un inizio e non come una fine. A San Basilio - conclude don Antonio Coluccia - una delle piazze di spaccio più importanti di Roma, abbiamo aperto anche una palestra di boxe insieme alle Fiamme oro della Polizia di Stato ed è a disposizione di tutti i ragazzi che, gratuitamente (tutte le spese sono a carico dell’Opera Don Giustino), possono frequentarla». Un invito ai futuri amministratori leccesi affinchè le periferie cittadine facciano parte davvero dei loro obiettivi e non solo dei proclami elettorali.