All’università del Salento

Antonio Conte sale in cattedra a Lecce: «Mentalità e si vince»

Pierfrancesco Albanese

«Disciplina, motivazione e passione, ecco la ricetta giusta». Il tecnico ha parlato a 500 giovani nell’aula Magna provando spiegare come si raggiunge il successo

LECCE - Nessuna ricetta pronta per la mentalità vincente, ma alcuni pilastri essenziali dell’impalcatura di un leader come lui: disciplina e motivazione, anzitutto. Poi, la passione. «Perché senza - spiega - si è destinati a rimanere nel mezzo». Antonio Conte lo afferma in apertura: «Ho voglia di raccontarmi», dice, davanti all’aula magna stracolma del dipartimento di giurisprudenza, a Ecotekne, per il seminario «Sport e mentalità vincente, l’allenatore nel calcio». Ha voglia di raccontarsi e lo fa, con dovizia di particolari e una postura pedagogica, sollecitato, sul finire, anche dalle domande degli studenti.

Non tralascia nulla Conte, dagli esordi da giocatore alla juventina calcio sotto l’ala del papà, ai tempi mister e presidente della squadra, sino alla Juventus. Passando, ovviamente, dal settore giovanile del Lecce, dove è tra i più promettenti della sua generazione, prima del trasferimento a Torino. Non certo tra i passaggi più semplici della vita, anzi: tra i più dolorosi e formativi, spiega, raccontando il dietro le quinte della formazione di un campione da giocatore, di un mister solido e tra i più blasonati da allenatore. L’esordio lo fa a Monaco, in amichevole, nel 1991. Sconfitta 1-0. «Per gli altri era un’amichevole, ma io volevo dare tutto. Perdiamo per colpa mia perché ricevo la palla e la passo al portiere, ma il passaggio era corto, l’attaccante lo dribbla e segna. Il giorno dopo sulla Gazzetta dello sport il titolo “Nel principato sbaglia il Conte“. Non me lo dimenticherò mai». Ma da lì, l’insegnamento. «Noi diciamo sempre che il fallimento è parte del percorso. Ed è vero. Il fallimento c’è se rimani dove cadi. Se invece cammini verso altre esperienze serve perché diventa parte del successo», dice ai ragazzi, ricordando anche le sollecitazioni di Trapattoni, che il giorno dopo l’episodio trova Conte a vagare, solo e pensoso, per Torino. «Mi disse: non è che stai pensando ancora all’errore di ieri? Tu qua starai tantissimi anni». Così fu: 13 anni alla Juve, dov’era transitato abbandonando - la chiama così - «la zona di comfort». Un invito che estende, quello di cavalcare le sfide: «Nisciunu nasce imparato», scherza. «La via semplice è quella più facile, ma anche la meno bella».

Non solo Trapattoni, però. Nel pantheon dei mister da ringraziare ci sono anche Eugenio Fascetti e mister Mazzone. «Loro mi hanno insegnato la legge del bastone e la carota. La carota quando le cose non vanno bene e c’è bisogno di empatia; il bastone quando le cose vanno troppo bene e c’è il rischio di adagiarsi e abbassare la guardia». Poi il grazie a tutti i mister, anche a quelli delle giovanili del Lecce. Dove, non appena mise piede, il papà lo avvertì: niente sgarri con la scuola, altrimenti niente pallone. «Un esempio di disciplina», spiega ora Conte, mentre ricorda con orgoglio anche la laurea in scienze motorie conseguita all’università di Foggia. Lì dove andava, anche dopo le trasferte fuori, con il treno, per studiare e conquistarsi con l’impegno la possibilità di giocare.

C’è spazio, in chiusura, anche per parlare di Lecce. «D’Aversa, afferma, è un amico ed è stato il perfetto dopo-Baroni. Quanto alla squadra, è solida, grazie al lavoro del presidente e dei dirigenti, che hanno messo le basi per una permanenza a lungo in serie A». C’è la possibilità di vederlo sulla panchina del Lecce o di ritorno alla Juve, gli si domanda. «I matrimoni si fanno sempre a due», glissa. Poi torna a dire d sé. Voto del Conte giocatore? 8. Grintoso e prestante in campo, ma con un talento limitato che invece si attribuisce da allenatore. «Quando ho iniziato - dice - mi sono dato tre anni di tempo: o in un top club, o a casa con la famiglia, mi dissi». Oggi lo racconta con un sorriso. Ma avverte: «Dicono che la persona coraggiosa non ha paura. Non è vero. La persona coraggiosa accetta la paura e tenta di non farsi condizionare. C’è un proverbio giapponese che dice cadete 7 volte e alzatevi 8. All’età vostra avevo le vostre stesse paure. Dobbiamo essere bravi ad affrontare paure e fallimenti».

A Conte poi da Unisalento il premio sport & soft skills.

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