Spiritualità e arte
Ecco l’antica e intatta bellezza di Leuca Piccola nel Salento
Il complesso storico monumentale fu innalzato fra XVI e XVII secolo a Barbarano del Capo dal barone-sacerdote Annibale Capece
LECCE - Per far passare la strada che sullo Jonio consente di raggiungere la marina di Torre Vado, sono stati sacrificati tre dei dieci archi di fine Seicento del secolo scorso. Ma anche così, la scellerata decisione da sollevamento popolare, non ha inficiato la bellezza di Leuca Piccola.
Non siano alla periferia della Leuca sul cui Lungomare si specchiano alcune fra le più belle Ville di Puglia ma, nel Salento, a Barbarano del Capo, mille abitanti appena, frazione di Morciano di Leuca.
MIRABILI ARCHITETTURE È qui che la lingua d’asfalto spacca in due il mirabile complesso storico-monumentale innalzato a cavallo fra il XVI ed il XVII secolo, dal barone-sacerdote don Annibale Capece. Forse anche per affermare il prestigio della sua Casata, il religioso fece innalzare una Chiesa, costruire magazzini per le merci ed una locanda per i passanti; ed ancora, botteghe per gli artigiani ed il maniscalco (l’ultimo, mastro Giovannino Fanciullo, ha servito mezza provincia sino a poche decine di anni fa), nonché ambienti con volte a stella ed a botte per i Pellegrini diretti al Santuario De Finibus Terrae di Santa Maria di Leuca. Imprenditore ante litteram, probabilmente, don Annibale aveva compreso che la presenza delle acque sorgive che ancora oggi scorrono nelle Vore di Barbarano, le due voragini profonde 35 e 25 metri, che secondo la leggenda si aprirono, inghiottendoli, al passaggio di Saraceni (1480) e pirati algerini (1537 e 1557), potevano essere sfruttate per accogliere proprio i viandanti diretti al Santuario Mariano.
Senza saperlo, e sicuramente volerlo, fra il 1685 ed il 1710, finì per realizzare un secondo Santuario, che ad un certo punto entrò in... conflitto con l’altro già punto di riferimento dei fedeli sparsi in tutta Europa, determinando persino l’intervento del Vaticano, che rispondendo al richiamo dei Vescovi di Ugento ed Alessano, risolse la controversia, ordinando che il Santuario di don Annibale Capece, dovesse chiamarsi Leuca Piccola.
Piccola o meno, Leuca Piccola continuò ad accogliere pellegrini, mercanti, operai, cuochi, garzoni, contadini e pescatori col seguito di carri trainati da cavalli ed asini. Che a disposizione avevano una piazza intera, circondata da un possente pronao in stile neoclassico, muri ad arcate, botteghe e magazzini, locali con le mangiatoie, un’accorsata Locanda, e soprattutto, una Chiesa con annessa Sagrestia e piano rialzato, ed un grande ambiente ipogeo per il riposo notturno, al riparo dalle frequenti incursioni dei Saraceni.
Piccola o meno, Leuca Piccola continuò ad accogliere pellegrini, mercanti, operai, cuochi, garzoni, contadini e pescatori col seguito di carri trainati da cavalli ed asini. Che a disposizione avevano una piazza intera, circondata da un possente pronao in stile neoclassico, muri ad arcate, botteghe e magazzini, locali con le mangiatoie, un’accorsata Locanda, e soprattutto, una Chiesa con annessa Sagrestia e piano rialzato, ed un grande ambiente ipogeo per il riposo notturno, al riparo dalle frequenti incursioni dei Saraceni.
LA CHIESA E LA CAVERNA Nella Chiesa, di piccole dimensioni, intitolata alla Madonna di Santa Maria di Leuca del Belvedere, su pareti e volta, assieme a quelli dei quattro Evangelisti (Matteo, Luca, Marco, Giovanni), spiccano gli affreschi con le immagini di Santi latini e greci: sono, in sequenza, Lazzaro, Oronzo, Barbara, Lucia, Francesco da Paola, Pasquale de Baylon, Gennaro con l’ampolla, Leonardo e Marina, più altri due mai identificati. Di pregio, anche una pila con l’acqua per le abluzioni sacre, e soprattutto, la rarità dei due confessionali scavati a mano direttamente nella roccia.
Forse più che nel luogo di culto, la spiritualità del posto, si respira nei sotterranei, nei quali si accede attraverso una ripida scala posta all’ombra di un rigoglioso carrubo. Una volta discesa, immette in una grande caverna, anch’essa scavata nella roccia, in un angolo della quale ed alla fine di un corridoio di 50 metri, sono tre pozzi di acque cristalline e potabili, che per secoli hanno dissetato Pellegrini ed altri viandanti. Lungo le pareti, inoltre, si trovano le cuccette ricavate nelle nicchie via via aperte per ospitare il riposo degli ospiti.
Forse più che nel luogo di culto, la spiritualità del posto, si respira nei sotterranei, nei quali si accede attraverso una ripida scala posta all’ombra di un rigoglioso carrubo. Una volta discesa, immette in una grande caverna, anch’essa scavata nella roccia, in un angolo della quale ed alla fine di un corridoio di 50 metri, sono tre pozzi di acque cristalline e potabili, che per secoli hanno dissetato Pellegrini ed altri viandanti. Lungo le pareti, inoltre, si trovano le cuccette ricavate nelle nicchie via via aperte per ospitare il riposo degli ospiti.
LA LAPIDE CON LE 10 P La regola delle dieci P, era conosciuta già nell’Antica Grecia, dove venne forgiata sulla scia di un evento di cronaca. L’assassinio di un ateniese da parte di un guerriero che aveva subito grave offese verbali. Consolidatosi nel tempo, grazie al via vai di viandanti, il monito a tenere la bocca a freno, sbarcò anche nell’antica Terra d’Otranto, ed in qualche modo, approdò a Leuca Piccola. Sicuramente riferito al vino consumato a botti nella Locanda, qualcuno pensò bene di inciderlo in una lapide, che così doveva leggersi: parole poco pensate portano pena perciò prima pensare poi parlare. La pietra originale sulla quale era incisa è andata purtroppo persa, ma a Leuca Piccola, nel luogo dove si trovava proprio la Locanda, ne è stata creata una copia. Che declinando le 10 P, ripropone l’antico proverbio, in epoca moderna aggiustato in: prima pensa poi parla perché parole poco pensate portato pena.