Nel Leccese

Ruffano: perseguitava la madre, condannato per stalking

Angelo Centonze

Maltrattamenti in famiglia con minacce di morte e vari tentativi di aggressione. Sconterà un anno e mezzo

RUFFANO (LECCE) - Avrebbe perseguitato, ingiuriato e minacciato di morte la madre, tentando anche di aggredirla. Non solo, poiché in una circostanza si sarebbe introdotto nell’azienda di famiglia e avrebbe minacciato anche la sorella.

A.L, un operaio 52enne di Ruffano, è stato condannato alla pena di 1 anno e 6 mesi di reclusione per stalking e violenza privata, al termine del processo celebratosi dinanzi al giudice monocratico Giovanna Piazzalunga. Invece, è stato assolto dal reato di furto aggravato. Era accusato di avere rubato, all’interno dell’azienda di famiglia, vari attrezzi da lavoro, tra cui un trapano ed una segatrice.

L’imputato è stato anche condannato al risarcimento del danno in separata sede, in favore della madre, del fratello e della sorella che si erano costituiti parte civile con gli avvocati Francesco Vergine e Gabriella Micheli.

A.L, difeso dall’avvocato Simone Viva, potrà presentare ricorso in Appello.

Intanto, il giudice ha assolto il fratello dell’imputato dall’accusa di lesioni, «perché il fatto non sussiste». R.L era accusato di avere colpito A.L. con pugni alla testa, facendolo cadere a terra e provocandogli un trauma facciale d una serie di lividi.

I fatti si sarebbero verificati a Ruffano, a partire da novembre del 2019.

Come detto, A. L . avrebbe perseguitato la madre, pretendendo in maniera infondata di ricevere denaro, quale forma di partecipazione agli utili dell’azienda di famiglia. Ed in tre occasioni, danneggiava la porta d’ingresso dell’azienda familiare e la finestra di uno degli uffici, riuscendo – anche a manomettere vari macchinari e a impossessarsi di diverse schede elettroniche, una stampante e un plotter.

Inoltre, in due circostanze, mentre la madre era alla guida della sua autovettura, ne bloccava la marcia, costringendola a scendere dal mezzo e a subire – nuovamente – minacce di morte. La donna era così costretta a richiedere l’intervento delle Forze dell’Ordine.

In un’altra occasione, il 52enne, dopo aver fatto irruzione nell’azienda, si sarebbe rivolto alla sorella, dicendole: «Voi qua non siete nulla… comando io ed entro quando voglio», costringendola a rifugiarsi nel bagno.
Nel corso del processo è poi emerso come A.L. inviasse anche degli sms alla madre del tipo: «Preparati a mettere da parte i soldi non perché c’è il Covid, ma perché ti serviranno per la tua tomba, perché tanto ci sarà un funerale e dovrai pagarlo, quindi non ti spaventare per il Coronavirus».

Ricordiamo che A.L. venne anche raggiunto dalla misura del divieto di avvicinamento.

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