La curiosità

Una salentina sul podio dei migliori ricercatori d’Europa

Tonio Tondo

A Luisa De Marco, di Casarano, il premio di 2 milioni di euro. «Resto qui dimostreremo che siamo alla pari o superiori dei migliori poli di ricerca»

Tre settimane fa Giuseppe Gigli, direttore dell’Istituto di nanotecnologie del Cnr di Lecce, aveva confidato: «Siamo diventati importanti nel sistema di ricerca dell’Europa». Ieri, alle 12, la notizia che ha portato alle stelle l’entusiasmo nella comunità scientifica salentina: Luisa De Marco, ricercatrice «di frontiera» nelle celle solari di terza generazione e nei dispositivi optoelettronici, una chimica con la passione degli studi interdisciplinari, è tra i vincitori del bando dell’European Research Council (ERC) con un progetto innovativo destinato a cambiare in modo radicale la produzione delle batterie elettriche. La notizia, circolata nei giorni scorsi, è stata diffusa dal sito dell’Erc: alla ricercatrice è stata assegnata la somma di due milioni di euro, la più alta, destinata ai ricercatori riconosciuti a livello internazionale di qualsiasi età e nazionalità che intendono svolgere la loro attività negli Stati membri dell’Ue. Si tratta di un bando molto competitivo, con una selezione severa, percentuale di successo 10-13 per cento, sulla base di progetti valutati eccellenti dal punto di vista scientifico.

La rivoluzione, di questo si tratta, riguarda la sostituzione dei metalli, litio e cobalto, necessari per fabbricare gli elettrodi delle batterie, con molecole organiche, cioè presenti in modo inesauribile nelle diverse dimensioni della natura, da quella vegetale alla vita umana e animale. Litio e cobalto sono tra i metalli in via di esaurimento. Senza alternative la stessa transizione a un mondo ecosostenibile è destinata a esaurirsi con gravi conseguenze sul riscaldamento del nostro pianeta. Le batterie sono indispensabili per l’accumulo di energia prodotta dagli impianti eolici e fotovoltaici da immettere in rete quando non c’è vento e non c’è sole.

Luisa De Marco, 44 anni, originaria di Casarano dove ha studiato fino alle superiori (Liceo Scientifico Vanini), sprigiona empatia da tutti i pori. Chi la conosce bene, prima di tutti i colleghi, dice che è sempre sorridente, entusiasta e coinvolgente. La incontriamo nel Corpo G, la parte centrale dell’istituto di nanotecnologie, in un’ampia aula dove si svolgono i seminari. Intorno ci sono i diversi laboratori organizzati per facility, strutture con le diverse aree tematiche (Fotonica, Chimica, Nanofabbricazione, e poi la grande area del Tech Med, le Scienze della vita). Strutture «aperte», spazi e relazioni umane ben vissuti, tra il verde di un bosco verticale e l’obiettivo dell’autoproduzione dell’energia necessaria, con i vetri speciali alle finestre che incorporano celle solari speciali. Un’area ideale per lavorare cooperando per i circa 250 presenti tra ricercatori, dottorandi e post doc. «Siamo solo all’inizio, è solo il nostro trampolino di lancio», ripete spesso Gigli, fondatore e protagonista di questa realtà palpitante come il nuovo cuore culturale e scientifico dell’intero Salento. «Non dobbiamo mai perdere la passione e l’entusiasmo per la nostra missione».

Luisa si è laureata a 24 anni in Chimica e tecnologie farmaceutiche presso l’Università di Modena e Reggio Emilia. «Potevo restare a lavorare a Bologna, un’azienda del settore farmaceutico-cosmetico mi sveva proposto un contratto a tempo indeterminato. Ho pensato subito, così resterò qui tutta la vita, sono scappata via, il mio obiettivo era tornare nel Salento. Nel 2007 ho vinto il concorso per l’accesso al corso di dottorato in Nanoscienze presso il laboratorio di Lecce. Qui ho iniziato a lavorare sulle celle solari di nuova generazione, un progetto coordinato dal professore Giuseppe Gigli. I ricercatori italiani sono tra i migliori in Europa. Ai bandi del Consiglio europeo della ricerca si piazzano al secondo posto per numero di assegni, però poi una buona parte svolge l’attività di ricerca nelle diverse università europee, dalla Germania all’Olanda e alla Francia. Così l’Italia scivola al 12° posto. «No, io resto qui, a Lecce, dobbiamo dimostrare che siamo allo stesso livello, se non superiore, dei migliori poli di ricerca europei».

Il sogno progettuale è lo sviluppo delle nuove batterie ecologiche basate su molecole organiche. Sviluppo da realizzare qui, nel campus tra Lecce e Monteroni, terra di confine e però ormai sempre più integrata con il sistema scientifico e tecnologico europeo. «Sì, il nuovo dispositivo è la copia di quello che avviene in noi umani e negli animali, dai batteri agli elefanti, e nelle stesse piante, con l’accumulo dell’energia chimica necessaria ai processi vitali. Da alcuni anni non penso che a questo: ispirandomi ai processi biochimici naturali realizzare un sistema di accumulo dell’energia di questo tipo. Per la prima volta ho presentato il progetto al bando ERC nel 2007, ma non era ancora ben strutturato. Avevo superato la prima selezione, rientrando quindi nel 25 per cento dei progetti migliori, ma senza ottenere il finanziamento». La ricercatrice ripete «testardamente», un avverbio che le è caro, perché nella scienza come nella vita non bisogna fermarsi di fronte agli ostacoli, anzi, capovolgendo i ragionamenti banali, gli eventuali ostacoli devono essere superati «testardamente» con impegni di lavoro ed azioni più accurati ed efficaci. «Critiche e giudizi dei revisori mi hanno spinto a migliorarlo, così l’ho ripresentato con successo nel 2021».

Il progetto si chiama HYNANOSTORE (Hybrid Nanoostrucyured systems for sustainable energy Storage: Sistema nanostrutturato ibrido per l’energia sostenibile). Luisa De Marco è convinta di riuscirci, tenace e appassionata com’è. Qui nel Salento, un tempo povero tra i poveri, adesso aperto al mondo, tra noi Occidente in parte odiato perché prospero e libero e però desiderato e l’Oriente, crocevia di pensiero e scienza dai Greci in poi. «Svilupperemo una nano-impalcatura (nano significa un milionesimo di millimetro, ndr) conduttiva sulla quale immobilizzeremo le molecole attive che potranno svolgere la loro azione di accumulo di energia elettrica sostituendo le materie prime non sostenibili attualmente utilizzate nelle batterie convenzionali. Le molecole attive potremo ricavarle da biomasse e quando la batteria sarà arrivata a fine vita potrà essere riciclata molto facilmente. Il risultato sarà una rivoluzione nelle batterie: economiche, efficienti e sostenibili».

Giuseppe Gigli, fisico di grande valore, romano e innamorato del Salento, sorride. E’ orgoglioso di aver creato luoghi e spazi per fare incontrare, lavorare e collaborare decine di ricercatori non solo pugliesi. Una comunità scientifica aperta ai giovani che hanno progetti da realizzare. «Siamo solo all’inizio del cammino. Luisa sta dimostrando che possiamo contribuire al bene dell’umanità, le cose migliori si realizzano a catena. Siamo nel cuore dell’Europa, vogliamo crescere, questo progetto è un buon trampolino di lancio».

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