BUROCRAZIA

Ex Massa e darsena di San Cataldo, quei cantieri finiti nell’oblio a Lecce

Emanuela Tommasi

I ritardi e gli ostacoli frenano il completamento di due opere strategiche

LECCE - Ritardi, ostacoli, verifiche, rinvii e tant’altro ancora che si rincorre, senza tregua. Di certo c’è che i cantieri di due opere strategiche restano ancora aperti e non si intravedono garanzie per il completamento. Parliamo del progetto per un centro polifunzionale integrato nell’area ex Massa (nel cuore della città) e della riqualificazione della darsena di San Cataldo, che restano ancora fermi al palo. Era il 7 marzo 2011 quando nella piazza dell’ex caserma Massa fu recintata l’area di cantiere per la realizzazione del «Tito Schipa center», un centro polifunzionale integrato, con un parcheggio interrato con circa 500 posti auto, da parte della ditta De Nuzzo. È uno dei progetti più ambiziosi realizzati in città: un centro direzionale-commerciale articolato su 6 livelli con accessi diretti dalla viabilità urbana, arricchito da piazze, spazi comuni, gallerie interne, scale mobili e ascensori e che vedrà il recupero della tettoia liberty del vecchio mercato coperto.

Dopo ripetuti stop, dati in particolare dalla Soprintendenza per via della presenza di reperti, e dopo altri momenti di impasse - si è arrivati pure a un passo dalle vie legali - l’intervento è stato varato. Un anno e mezzo fa circa è stato presentato il progetto definitivo, validato dai due docenti universitari nominati ad hoc. Quindi, il 6 settembre scorso, l’impresa ha presentato il progetto esecutivo che, al momento, attende ancora la validazione dei due professionisti. Dal momento in cui arriverà, scatteranno 36 mesi per la realizzazione dell’opera.

Dal centro urbano alle marine, il refrain non cambia. È ancora in stand by anche la darsena di San Cataldo. Tra lungaggini, accelerate e brusche frenate - alcune delle quali a onor del vero non dipendenti dall’amministrazione comunale - a distanza, anche qui, di oltre dieci anni, il cantiere si è arenato (è il caso di dire) sulle alghe. Nell’ultima riunione della commissione di Controllo, presieduta da Gianpaolo Scorrano, dedicata alla questione (l’11 gennaio scorso) è stato preso atto che i cumuli di posidonia (in terra ma soprattutto in mare, qualcosa come 38mila tonnellate), in base alle ultime analisi effettuate, siano stati classificati come «rifiuto speciale non pericoloso». Questo, in base al Dm 173/2016, non consentirebbe il riutilizzo delle alghe in ambito marino ma comporterebbe lo smaltimento delle stesse come rifiuto speciale, ma non pericoloso, con costi elevatissimi. Con la somma a disposizione del Comune sarebbe possibile dragare e smaltire una quantità di alghe sufficienti a consentire un pescaggio massimo di un metro di profondità. Praticamente insufficiente a garantire l’approdo anche alle più piccole imbarcazioni.

«L’eventuale completamento delle ulteriori opere a mare prospettato senza aver completato il dragaggio, come ad esempio la posa in opera dei pontili - ricorda Scorrano - costituirà un inutile ed ulteriore esborso di denaro pubblico nel momento in cui si potrà e dovrà procedere al dragaggio totale, fino a 2,5 metri di profondità».
I lavori a terra della darsena proseguono, ma non bastano a far prevedere una data di ultimazione dei lavori e la relativa consegna. Che, probabilmente, allo stato dei fatti, non riuscirà ad essere neppure quest’estate.

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