il giallo
Roberta, 22 anni di silenzi e misteri
Scomparsa tra Ugento e Gallipoli il 20 agosto 1999, inchiesta riaperta per la terza volta
Lecce - Ventidue anni senza conoscere le sorti di un proprio caro. Ventidue anni vissuti nell’angoscia, a domandarsi dove sia finita quella persona, perché sia svanita nel nulla da un momento all’altro, perché nessuno l’abbia mai fatta ritrovare. È il dramma dei familiari di Roberta Martucci, la 28enne di Torre San Giovanni di Ugento di cui si sono perse le tracce la sera del 20 agosto 1999. È, questo, un altro dei «cold case» salentini su cui la «Gazzetta», dopo il primo appuntamento dedicato all’omicidio di Peppino Basile, intende riaccendere un faro.
Che fine ha fatto Roberta? È stata uccisa? Da chi? Dove si trova il suo corpo? Domande a cui gli investigatori stanno ancora cercando una risposta, dopo due inchieste archiviate e una terza ancora in corso. Quella sera di quasi 22 anni fa Roberta uscì di casa per recarsi a Gallipoli e raggiungere le sue amiche, ma di lei, da quel momento, non si ebbero più tracce. L’auto con la quale si era spostata, una Fiat Uno, fu rinvenuta qualche giorno dopo a Gallipoli, parcheggiata in una piazzetta. Nel corso degli anni, come si diceva, le indagini sono state chiuse due volte. Sul finire del 2017, dopo un’istanza presentata per conto della famiglia da parte dell’avvocato Carlo Grasso (al quale è poi subentrato l’avvocato Fabrizio Ferilli) e dalle criminologhe Roberta Bruzzone e Isabel Martina, il procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone ha deciso di riaprire per la terza volta il fascicolo. Si indaga per omicidio e soppressione di cadavere. Nell’istanza, il team ha sostenuto con forza che dietro la scomparsa di Roberta non ci sono le amiche, come inizialmente qualcuno aveva pure ipotizzato, né festini o cattive compagnie. Centrale, secondo criminologhe e avvocati, sarebbe la figura di un familiare. Una persona che Roberta conosceva molto bene. Una pista, questa, alimentata anche dalla testimonianza di una delle sorelle della giovane, Sabrina, che ai microfoni della trasmissione televisiva «Chi l’ha visto?» ha rivelato di aver subìto, in passato, attenzioni particolari proprio da quello stesso familiare.
Avvocato e criminologhe hanno anche evidenziato presunti tentativi di depistaggio, nel corso delle indagini immediatamente successive alla scomparsa, da parte di quella stessa persona attenzionata nell’istanza. Tra le tante presunte incongruenze fatte emergere dal team c’è quella dell’auto, ritrovata senza chiavi e senza libretto e, nonostante ciò, demolita regolarmente dopo il dissequestro. C’è poi il «giallo» del prelievo di 500mila lire con il Bancomat di Roberta dieci giorni dopo la sua scomparsa, anche questo portato alla luce dal team ingaggiato dalla sorella Lorella.
Per il ventesimo anniversario della scomparsa, l’associazione «Penelope» ha organizzato, insieme alla famiglia, una fiaccolata lungo le strade di Torre San Giovanni per chiedere «verità e giustizia». Il caso, intanto, potrebbe approdare in commissione Giustizia alla Camera dei Deputati, su iniziativa della parlamentare pugliese del M5S Valentina Palmisano. È stata la sorella di Roberta, Lorella, a sollecitare l’intervento del mondo della politica.