La testimonianza
Bullismo contro anziani, nel Salento una storia a lieto fine
La figlia dell'uomo è intervenuta contro un gruppo di ragazzini dopo continue molestie, e ha raccontato anche la sua storia su Facebook, dopo la tragedia di Manduria
Un caso di bullismo contro anziani (e la sua soluzione) in provincia di Lecce. C’è il lieto fine però per un uomo residente in un centro dell’entroterra ionico - a differenza del dramma che ha colpito Antonio Stano. La fortuna di questo salentino? Avere due figli che, capillarmente, si prendono cura di lui. La figlia in particolare, un’insegnante quarantenne, è stata risolutiva nei confronti dell’atteggiamento dei bulletti - e la sua esperienza potrebbe essere d’aiuto a coloro che quotidianamente sperimentano molestie e violenze da parte di presunte baby gang.
Professoressa, com’è iniziato l’attacco a vostro padre?
«È accaduto soprattutto in inverno, anche quando c’è stata la neve. Gruppi di 2-3 ragazzini, ma anche 7-8 a volte, si recavano a casa di mio padre infastidendolo a tutte le ore, anche dopo che lui era andato a letto. Suonavano il campanello e, quando papà usciva, lo insultavano. Quando c’è stato il grande freddo a gennaio, gli hanno tirato delle palle di neve sotto al portico, ma in altre occasioni sono state usate anche pietre contro le finestre».
È mai stata presente di persona agli attacchi?
«Una volta sono stata testimone io stessa delle molestie che papà riceveva e sono stata insultata anch’io. I ragazzini non avevano capito che fossi legata alla persona che insultavano quotidianamente e mi hanno intimato di badare ai fatti miei, affermando che mio padre sarebbe stato pazzo. A quel punto, ho fatto notare loro di essere la figlia dell’uomo che vessavano, ma non è bastato. Mio padre non è un uomo completamente solo: io e mio fratello passiamo a trovarlo più volte al giorno, anche se la preoccupazione è tanta perché lui vive in periferia».
E quindi, cosa avete pensato di fare?
«Ho pensato di parlare con i genitori, ma ho capito che non sarebbe stato risolutivo. Ognuno di noi ama la propria prole e tende a vedere il proprio figlio come un ragazzo perfetto, ignorando magari quali siano le dinamiche di gruppo. Ho temuto che non sarei stata creduta. E allora ho pensato di far leva sui coetanei di questi ragazzini».
Cioè?
«La minaccia di andare a raccontare tutto ai genitori mi è parsa da subito insufficiente. Così ho fatto sapere ad alcuni loro coetanei che avremmo istallato delle telecamere di video-sorveglianza e che quindi, continuando a infastidire mio padre, si sarebbero ritrovati con una denuncia e i carabinieri. Ora il problema è cessato, ma solo per mio padre».
Perché ha raccontato la sua storia su Facebook?
«Perché sono sicura che dappertutto ci siano anziani soli che potrebbero avere un problema simile e volevo sensibilizzare le persone intorno a me a vigilare affinché non accada ad altri quando accaduto ad Antonio Stano».