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Sanremo ‘68: scartato il testo di «Meraviglioso»

Annabella De Robertis

Le cronache della «Gazzetta» dell’epoca: Domenico Modugno con «Il posto mio». Al Bano «La siepe» senza playback

«Si è conclusa la 18esima edizione della più grande manifestazione canora italiana»: nelle pagine interne de «La Gazzetta del Mezzogiorno» del 4 febbraio 1968 – senza neanche un accenno in prima – è dedicato spazio alla serata finale del Festival di Sanremo. «È davvero il più popolare il motivo vincente di Sanremo?» si chiede Mauro Casalbore. Il 1° febbraio 1968 si apre la kermesse guidata dal direttore artistico Gianni Ravera e condotta, per la prima volta, da un giovane molto promettente: Pippo Baudo. È la prima di ben 13 edizioni che faranno, del presentatore palermitano, una colonna portante della tv italiana. Il vincitore di questa edizione sarà Sergio Endrigo con la sua Canzone per te.

Ma quello del 1968 è un Festival ricco di protagonisti, polemiche e colpi di scena. A destare i primi malumori è stata l’esclusione, nelle prime due serate, di alcuni grandissimi nomi del panorama musicale, già estremamente popolari: Iva Zanicchi, Johnny Dorelli e Domenico Modugno, interprete pugliese al quale viene prestata grande attenzione dal quotidiano. In quell’edizione, tra l’altro, la prima scelta del cantante di Polignano sarebbe stato il brano Meraviglioso, scartato tuttavia dalla commissione esaminatrice del Festival: il racconto di un tentativo di suicidio non è giudicato appropriato ad un anno dalla tragica scomparsa di Luigi Tenco. Modugno esegue pertanto, in coppia con Tony Renis, Il posto mio, ma è subito eliminato. Incalzato dall’inviato Cenzino Mussa, polemizza: «Non era buona la canzone? – No, anzi il pezzo era ottimo. Renis aveva scritto un bel motivo. – Colpa delle giurie? – Lasciamo stare. – Ed allora? – Diciamo che non era il mio cavallo. Ma voglio dire qualcos’altro: perché vengono gli stranieri? È ingiusto».

In coppia con gli italiani, per la prima volta nella storia del Festival, sono ammessi anche artisti di altre nazionalità, tra cui Louis Armstrong, Dionne Warwick, Paul Anka e Roberto Carlos. Deludente l’eliminazione di Modugno anche per il giornalista Casalbore: «Noi italiani siamo faziosi, sia in fatto di football, sia in fatto di canzoni. Diciamo di amare il bel calcio e la gradevole musica, ma poi ci limitiamo a fare il tifo per Mazzola o per Rivera, o per Celentano o la Cinquetti. In noi, giocano sempre le simpatie».

Riflettori puntati anche sul venticinquenne Al Bano, al suo esordio a Sanremo: in pessima forma a causa di una terribile influenza, rinuncia alla possibilità di esibirsi in playback e canta dal vivo La siepe, in coppia con Bobbie Gentry, ma si aggiudica solo il nono posto e il premio della critica. «La sostanza del Festival viene fuori soltanto dai dischi venduti» sentenzia Casalbore. «Chi vince a Sanremo, prende una coppa monumentale, sorride sotto i “flashes” dei fotografi. Ma si tratta della vittoria di cartone. Vince, in realtà, chi ha ottenuto dal pubblico non un voto ma 800 lire per ogni disco venduto. Perché votare è una cosa, cacciar dalla saccoccia 800 lire è un’altra». Prevede, il giornalista, un grande successo per Al Bano e per La farfalla impazzita, scritta da Lucio Battisti e Mogol ed eseguita dall’eliminato Johnny Dorelli. Ad esordire al Festival 1968 sono anche Fausto Leali, con Deborah di Paolo Conte, e il quasi diciassettenne Massimo Ranieri: accompagnato costantemente da sua madre, il piccolo napoletano canta insieme a I Giganti Da bambino.

Nella sala del Consiglio di amministrazione della «Gazzetta» si è riunita una giuria, opportunamente sorteggiata da un notaio, per ascoltare i dischi delle quattordici canzoni finaliste: «Il giudizio più severo sulle canzoni del Festival lo ha espresso la signora Di Lecce: “Sto soffrendo” – ci ha detto mentre ascoltava Wilson Pickett – “perché questi non cantano, ma strillano le canzoni, che sono poesie, non possono essere urlate!”. Anna De Vivo è cucitrice in una grande industria di abbigliamento, veste pantaloni a quadri e un maglione vivacissimo: “Preferisco la musica beat” – dice – “e si vede, no? Comunque, giudico buono questo Festival. Si intuisce che il cantante più bravo è stato per me Antoine!”». Anche la giuria della «Gazzetta» conferma il voto ufficiale: Canzone per te, eseguita da Endrigo insieme al brasiliano Roberto Carlos, supera Casa bianca, interpretata da Marisa Sannia e Ornella Vanoni, e Canzone, cantata da Adriano Celentano e Milva. «Endrigo è forse uno dei pochi autentici cantautori», commenta il cronista del quotidiano – «è riuscito a imporre non solo la sua canzone, ma soprattutto il suo stile, che sino ad oggi, gli aveva negato le grandi soddisfazioni. L’ha ottenuta qui a Sanremo. Ed era ora». È il febbraio 1968, poche settimane dopo avrà inizio la stagione della contestazione: è il tramonto di un’era ed anche il Festival di Sanremo non sarà più lo stesso.

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