la macchina del tempo
Il conflitto in Medio Oriente del 1973 con l’attacco allo Stato ebraico
E nel ‘67 la marcia contro la guerra in Vietnam. A Bari dibattito con Carlo Levi
È il 21 ottobre 1973. «A tu per tu Kissinger e Breznev. Nelle loro mani è la pace nel Medio Oriente?», titola «La Gazzetta del Mezzogiorno». Una lunga e violenta prospettiva di guerra tiene il mondo col fiato sospeso e ad intervenire per tentare di ristabilire la pace sono le due superpotenze del pianeta: la Russia e gli Stati Uniti. Due settimane prima, il 6 ottobre 1973, è scoppiato il quarto conflitto arabo-israeliano, noto come guerra dello Yom Kippur: mentre in Israele iniziavano le celebrazioni della festività del «giorno dell’espiazione», infatti, Egitto e Siria hanno sferrato un attacco coordinato contro lo Stato ebraico nel tentativo di riconquistare i territori perduti nel 1967.
Gli egiziani sono sbarcati sulla costa orientale del Canale di Suez, mentre i siriani entravano nella zona delle alture di Golan. Il governo israeliano, colto di sorpresa, mobilita immediatamente i riservisti, ma ostenta allo stesso tempo estrema sicurezza circa l’esito finale dello scontro. «II segretario di Stato americano Henry Kissinger è giunto stasera a Mosca, inviato dal presidente Nixon su richiesta urgente dei capi del Cremlino, per discutere un piano per porre fine alla guerra in atto in Medio Oriente», si legge sul quotidiano di cinquant’anni fa. Un comunicato laconico della Tass, diramato a tarda ora, rivela che durante l’incontro tra Kissinger e il segretario generale del Pcus Leonid Breznev non si è arrivati ad alcuna risoluzione. Sembra preannunciarsi, dunque, un lungo conflitto.
«Le obiezioni, certo, possono nascere dalla considerazione che questa nuova guerra non è scoppiata soltanto per la causa dei palestinesi i quali, in realtà, per molti governi arabi sono soprattutto un pretesto ideologico» scrive Oronzo Valentini nel suo editoriale. «Dietro il sangue che scorre sulle colline del Golan e nel Sinai ci sono anche gli interessi dei petrolieri arabi e non arabi; e le stesse grandi potenze, seppure contrarie a questa nuova guerra, con i recenti aiuti militari concessi alle due parti, hanno mostrato che, a conti fatti, considerano ancora il Medio Oriente un banco di prova». Dopo alcuni successi iniziali da parte araba, le truppe israeliane riusciranno a ribaltare la situazione e addirittura avanzare in territorio egiziano: le pressioni statunitensi consentiranno il raggiungimento di una tregua dopo un mese di conflitto. «“Vincere la pace” è il vero problema, il dramma autentico di un popolo che non è mai riuscito a farsi accettare dai suoi vicini, a nessuna condizione. Così mentre le battaglie sui due fronti restano ad un livello che fa intravedere una guerra d’usura più che un conflitto-lampo, il problema resta sempre quello di ogni guerra combattuta dalla nazione ebraica: E dopo?»: Valentini cinquant’anni fa poneva un interrogativo che resta ancora tragicamente attuale oggi.
Domenica 22 ottobre 1967, invece, nel taglio basso della «Gazzetta», con il titolo «Washington, una marcia contro la guerra in Vietnam», il corrispondente Stelio Tomei racconta della mobilitazione dei giovani americani dopo 12 anni di guerra: «Sono arrivati da ogni parte in autobus in treno, chiedendo passaggi con l’autostop, un gruppo della generazione dei fiori è arrivato in bicicletta. Saranno centomila. “Non siamo qui per compiere violenze, dicono, ma per offrire noi stessi”». Il presidente Johnson e il segretario di stato McNamara hanno autorizzato il corteo per dimostrare che l’America è un paese forte, libero e democratico, ma hanno anche preso provvedimenti adeguati: centinaia di automezzi blindati e circa seimila soldati, una palizzata d’acciaio tutt’intorno all’edificio della Difesa, guarnita di filo spinato. «Chi ride di tutto questo sono duemila ragazzi che rappresentano, come dicono, il potere dei fiori. Il loro capo chiede: “Perché tanti agenti? Noi abbiamo mobilitato soltanto i fiorai”. I soldati guardano con meraviglia le decine di fiori bianchi, rossi, gialli che piovono su di loro davanti ai loro fucili». Dopo la manifestazione pacifica al Lincoln Memorial si verificheranno però alcuni scontri con la Guardia Nazionale: verranno arrestati più di 600 manifestanti. In quei giorni anche in Europa vengono organizzate iniziative a sostegno della pace in Vietnam: quel 22 ottobre del ‘67, si apprende dalla «Gazzetta», anche a Bari si terrà un incontro sul tema. A parlarne «nel ridotto del Teatro Petruzzelli», sarà il senatore Carlo Levi.