La macchina del tempo
L’assassinio a NY di John Lennon
Cantava la pace, la tragica fine 42 anni fa
«John Lennon, fine di un mito»: la notizia circola già dal giorno prima, ma sulla stampa appare soltanto il 10 dicembre 1980. La sera dell’8 dicembre, John Lennon è stato assassinato da un fanatico con problemi psichiatrici davanti al Dakota Building, il palazzo di New York affacciato su Central Park, dove vive con la moglie Yoko Ono e il figlio Sean.
“La Gazzetta del Mezzogiorno” dedica diversi approfondimenti al tragico assassinio del celebre artista, icona della musica mondiale.
Claudio Gatti riporta la cronaca di quanto avvenuto: «“Mister Lennon?” ha gridato e poi, assicuratosi di avere di fronte il bersaglio desiderato, ha sparato ripetutamente con una calibro 38 nella schiena dell’ex beatle. “Ovviamente l’uomo lo stava aspettando“, ha dichiarato il sergente di polizia Robert Barnes, riferendosi all’omicida, poi arrestato e identificato per Mark David Chapman. Immediatamente dopo gli spari, Yoko Ono, rimasta miracolosamente incolume, ha accompagnato il marito moribondo in ospedale con una macchina della polizia. Contemporaneamente, una folla di alcune centinaia di persone si formava di fronte al Dakota. Si calcola che vi fossero almeno 500 persone, giovani fans del cantante accorsi a rendergli l’estremo omaggio. Non appena si è resa conto della triste realtà, Yoko Ono ha pregato l’editore David Geffen di diffondere la seguente dichiarazione: “John amava e pregava per il genere umano. Per piacere, fate lo stesso per lui”».
Sono passati dieci anni dallo scioglimento dei Beatles: da allora Lennon si è gradualmente ritirato dalle scene. Nel ‘71, dopo il successo di “Imagine”, si è trasferito con Yoko Ono a New York: i due diventano presto simboli dell’attivismo pacifista. «Negli anni ‘60 fummo i Beatles ed avemmo le qualità, la passione e l’energia per esserlo. Negli anni ‘70 ci fu la separazione, ma gli anni ‘80 saranno quelli del ritorno», aveva proclamato Lennon pochi mesi della sua morte in un’intervista ora riportata sulla “Gazzetta”.
«John era un grand’uomo», ha detto Paul McCartney, «il mondo sentirà la sua mancanza». «È certamente vero, ma i Beatles e quindi Lennon vivevano già nel mito, e se domani come oggi la musica non accademica continua a cercare nuove soluzioni o nuovi motivi di rilancio sul piano della popolarità, nessuno potrà fare a meno di guardare ai quattro giovani di Liverpool che vent’anni fa ad essa aprirono nuovi orizzonti, e non potrà quindi dimenticare anche chi come Lennon, per colpa di un fanatico cacciatore di autografi, ha concluso prima del tempo la sua intensa, movimenta e feconda avventura terrena», conclude lo storico critico musicale della “Gazzetta” Nicola Sbisà.