Il caso

Meloni sulla rissa alla Camera: «Maggioranza non cada nelle provocazioni dell'opposizione»

Ira delle opposizioni. Conte: 'Sventoleremo ancora il tricolore'

Mentre preparava gli ultimi dettagli del G7 in Puglia, mercoledì sera una grana a Roma ha distratto i pensieri di Giorgia Meloni. Le immagini della rissa alla Camera fra deputati di maggioranza e di opposizione, in cui sono rimasti coinvolti anche tre del suo partito, l’ha decisamente irritata. E subito dal resort di Borgo Egnazia sono partite telefonate tutt'altro che rilassate verso i suoi fedelissimi nella capitale. Un «harakiri», per dirla con il presidente del Senato Ignazio La Russa, i cui pensieri spesso coincidono con quelli della presidente del Consiglio. Ma «neanche questo è riuscito a rovinare l’ottima riuscita di questo vertice», assicura la premier archiviando la tre giorni di riunioni con i leader, aggiungendo però che è «molto grave che ci siano esponenti della maggioranza che cadono nelle provocazioni. E prevedo che aumenteranno».

Meloni da tempo è insofferente per chi tenta di impartirle "lezioni sul rispetto delle istituzioni». «In questi giorni non ne ho visto», sottolinea, esortando gli italiani a interrogarsi su «quale amore per la nazione» abbiano «gli esponenti politici che cercano di provocare per ottenere un risultato come quello che hanno ottenuto, dileggiando membri del governo, cercando di occupare i banchi del governo, proprio mentre gli occhi del mondo sono puntati su di noi».

Le opposizioni respingono però le accuse sulla bagarre durante la discussione sull'autonomia differenziata, esplosa quando il 5S Leonardo Donno ha tentato di dare un tricolore al ministro Roberto Calderoli. E a stretto giro, mentre la premier allenta la tensione post-G7 nella masseria di Fasano, dal centrosinistra arrivano reazioni decisamente stizzite. «Martedì sventoleremo il tricolore tutti insieme a Roma - annuncia il leader del M5s Giuseppe Conte -. Se per Meloni e soci la bandiera dell’Italia è una provocazione, allora la sventoleremo più forte». La premier, sostiene la capogruppo dem a Montecitorio Chiara Braga, «fa finta di non vedere chi prima ha provocato, poi aggredito. Sono quelli della sua maggioranza, quelli del 'presentè e della 'decimà. Chieda scusa lei per quegli uomini violenti che hanno offese le istituzioni sotto gli occhi del mondo». Mentre Luana Zanella, di Avs, sottolinea che la protesta era nata «contro l’esibizione ripetuta del simbolo nazifascista della Decima Mas», e che non si tratta di dileggio ma di «resistenza e difesa delle nostre istituzioni democratiche e antifasciste».

Dopo le parole di Meloni, però, fischiano le orecchie a più d’uno nel centrodestra, al di là dei deputati sanzionati per la rissa, i leghisti Igor Iezzi e Domenico Furgiele, e i tre di FdI, Federico Mollicone, Gerolamo Cangiano e Enzo Amich. La ramanzina della premier è in generale per la sua maggioranza. Anche perché non è il primo incidente parlamentare autolesionistico avvenuto mentre la leader di FdI è all’estero, dal caos sul Def durante la missione a Londra un anno fa alle astensioni sull'emendamento sui pro life nei consultori, mentre era al Consiglio europeo straordinario di aprile. Inoltre, sulla scia delle tensioni della campagna elettorale per le Europee, e in vista del risiko per i vertici di Bruxelles, si respira una certa diffidenza fra alleati. Dentro FdI, ad esempio, ci si interroga anche sul confronto fra Decima Mas e Bella ciao con cui all’indomani della rissa il vicesegretario leghista Andrea Crippa ha fatto tornare incandescente il clima a Montecitorio. Tanto che in ambienti di governo circola qualche preoccupazione in vista dei prossimi passaggi sulle riforme, dall’autonomia al premierato, passando per i primi passi della giustizia.

Privacy Policy Cookie Policy