politica
La sinistra batte un colpo, «La Puglia non è un luna park»
Laforgia a Emiliano: mai nostalgici, vogliamo una terra giusta
BARI - «I problemi della sanità pugliesi non si risolvono con una generosa linea telefonica diretta con il governatore. I cittadini non vogliono parlare con lui, ma con il Cup per prenotare un esame in tempi brevi»: con una battuta folgorante Michele Laforgia, presidente de La Giusta causa, ha sintetizzato la visione di «bene comune della sinistra identitaria» barese, intenzionata a dare una scossa al dibattito sui futuri appuntamenti elettorali, tra europee, comunali di Bari e le regionali che verranno. L’occasione per una discussione a tutto campo è venuta da una serata su una darsena del porto di Bari. Il parterre è stato quello delle grandi occasioni, con un trasversalismo quasi irripetibile. C’era accaldato l’ex senatore berlusconiano Michele Boccardi, ora leader di Con, l’assessore regionale civico Gianni Stea (gemello diverso di Massimo Cassano, adesso nell’Udc), gli intellettuali Gianfranco Viesti e Nicola Martinelli, l’ex presidente del Consiglio regionale Mario Loizzo, Pinuccio Fazio, i consiglieri regionali dem Lucia Parchitelli e Francesco Paolicelli, l’ex pm Pino Scelsi, gli assessori Paola Romano e Pietro Petruzzelli, ma anche l’ex candidato sindaco del centrodestra Pasquale Di Rella, Sandrino Cataldo di Sud al centro, il segretario regionale del Pd Domenico De Santis, Nicola Laforgia e il rettore Corrado Petrocelli. E poi i big della sinistra: Nichi Vendola, Antonio Decaro e Michele Emiliano.
Laforgia ha ricordato, ironico, come «un piccolo gruppo di radical-chic», con Città plurale, attraverso dibattiti nella libreria Laterza, diede la scintilla per la nascita della Primavera pugliese: «Da quel gruppo comparve un giovane magistrato in servizio che ha fatto politica, mentre i partiti erano asfittici. Eravamo considerati minoritari e divisivi. Come andò a finire? Emiliano vinse, Vendola vinse, Punta Perotti non c’è più. Il cambiamento è possibile». Una fotografia dell’attuale stato di difficoltà della coalizione: «Il centrosinistra non c’è più. C’è una geometria variabile nei comuni e nelle regioni. Non esiste nemmeno in Puglia il centrosinistra: Emiliano lo chiama “coalizione dei pugliesi”…». Laforgia chiude al terzo mandato e alle primarie ma invita a un confronto pubblico: «Nessuno è nostalgico - attacca -, la nostalgia è un sentimento reazionario. Bisogna costruire insieme una visione condivisa della città del futuro. E non bisogna fare della Puglia un luna park, come ha raccontato Chicca Maralfa nel romanzo “Festa la trullo”». La chiosa è stata una rielaborazione sciasciana: «Noi facciamo quello che dobbiamo fare».
Elettrico l’intervento di Nichi Vendola, pungente verso Emiliano: «Abbiamo vinto in una città e in una regione che sono state considerate laboratorio del centrodestra, con fenomeni incredibili: l’invenzione della baresità fu fatta dal cerignolano Pinuccio Tatarella, con il recupero di una immagine edulcorata della storia fascista, unita al clientelismo della vecchia politica. Abbiamo vinto perché abbiamo politicizzato lo scontro. Non ci siamo camuffati. Non abbiamo detto "siamo tutti baresi", ma che "siamo contro i palazzinari". E il sindaco di allora Di Cagno Abbrescia era il facoltoso rappresentante della città dei palazzinari». Nichi stronca la definizione emilianista di «nuovo riformismo pugliese»: «Non appartengo alla coalizione dei pugliesi, sono in quella di Franco Cassano e non in quella di Massimo Cassano». Applausi scroscianti. La conclusione vendoliana: «Non possiamo salvarci con la "canzone" della Primavera pugliese, ma grazie alla connessione con la povera gente e il territorio».
Dopo quasi due ore di dibattito ha provato a fare sintesi Antonio Decaro: «Dobbiamo anteporre il noi all’io. Dobbiamo parlare della coalizione e dell’allargamento? No, prima di programmi. Matarrese mi ha detto che non posso fare l’esproprio a 14 euro a metro quadro… Non faremo un’altra Enziteto sul lungomare Sud». E l’invito finale è volto a superare le divisioni, frenando sulle primarie: «Ora si parla dei programmi e poi dobbiamo vincere le elezioni scegliendo le persone migliori. Come? Attraverso la "convenzione". Se si possono evitare le primarie, si evitano». Ma nella platea non sembrano tutti convinti che la resa dei conti ai gazebo si possa già archiviare...