BARI - La Puglia è fra le sei regioni italiane tutte del Sud bocciate dal rapporto Crea Sanità 2023, denominato Le performance regionali, e che è stato diffuso oggi. L'undicesima edizione dello studio ha valutato sei dimensioni: appropriatezza, equità, sociale, esiti, economico-finanziaria, innovazione, affidando l’assegnazione del punteggio (cento il valore massimo, trenta quello minimo) a cento esperti rappresentanti di istituzioni, management aziendale, professioni sanitarie, utenti e industria medicale.
La Puglia complessivamente, si legge nel report, mostra valori di performance del 31%, come Campania e Sardegna. Peggio fanno solo Basilicata e Calabria (30%). Entrando più nello specifico, solo tre dei 18 indicatori presi in considerazione sul territorio mostrano valori più alti rispetto alla media nazionale: si tratta del tasso di attuazione del Fse, della spesa sanitaria pro capite standardizzata e del tasso ospedaliero evitabile per le patologie croniche. In tutti gli altri 15 indicatori la Puglia mostra performance inferiori rispetto alla media italiana, anche se alcuni sono in miglioramento rispetto al 2019: quota di interventi con tecniche mininvasive, speranza di vita senza limitazioni funzionali (over 65 anni), indice di salute mentale, tasso di popolazione con stili di vita corretti e tasso di screening cervicale, mammografico e colorettale.
Dallo studio emerge come ci sia un peggioramento rispetto al 2019 sull'incidenza dei consumi sanitari sui consumi totali, sullo sforamento del tetto di spesa farmaceutica, per la quota di famiglie che rinunciano a sostenere spese per consumi sanitari per motivi economici, di persone che rinunciano a prestazioni sanitarie e tasso di difficoltà di accesso ad alcuni servizi come farmacie e pronto soccorso.
MAGLIA NERA ANCHE PER LA BASILICATA
C'è anche la Basilicata, con Sicilia, Puglia, Sardegna, Campania e Calabria tra le sei regioni italiane «bocciate» dall’undicesima edizione del rapporto «Le Performance Regionali» del Crea sanità, Centro per la ricerca economica applicata in sanità, che definisce le politiche sanitarie e sociali, con la finalità ultima di promuovere miglioramenti nelle opportunità di tutela socio-sanitaria offerte.
L’indice generato dalla Basilicata (ritenuto il 100 per cento il massimo raggiungibile) è del 30 per cento, avanti solo alla Calabria, che chiude la graduatoria italiana capeggiata dal Veneto (59 per cento).
La valutazione - che è stata diffusa stamani - viene fuori dal monitoraggio di oltre 100 esperti raggruppati in istituzioni, management aziendale, professioni sanitarie, utenti, industria medicale, che hanno ideato un sistema di monitoraggio dinamico degli effetti dell’autonomia differenziata per verificare se con essa non si generino arretramenti regionali.
Sono analizzate sei dimensioni: appropriatezza, equità, sociale, esiti, economico-finanziaria, innovazione (a loro volta divisi in 18 indicatori) secondo la nuova impostazione di ammodernamento dell’assistenza che punta sul territorio e sulla domiciliarità, come prescritto dal Pnrr e dal Decreto 77/2022 di riordino dell’assistenza territoriale e che si affianca al Nuovo sistema di garanzia per il controllo dei livelli essenziali di assistenza.
Nel dettaglio, per la Basilicata, sui 18 indicatori solo quattro si presentano con un colore verde, ossia con un tasso migliore della media nazionale, e riguardano la spesa sanitaria pubblica pro capite standardizzata, la quota di persone deboli o a rischio con interventi per l’integrazione sociale, il tasso di difficoltà all’accesso ad alcuni servizi e il tasso di anziani trattati in assistenza domiciliare.
Generalmente otto valori sono in peggioramento rispetto al rapporto del 2019, e cinque in miglioramento; gli altri cinque non hanno subito oscillazioni.