L'emendamento

L’addio all’Ente irrigazione: Acqua del Sud prende le dighe

Massimiliano Scagliarini

Via libera alla nuova società del ministero dell’Agricoltura per l’erogazione idrica: stop ai Consorzi di bonifica che non pagano

Il nome ricorda un film del 1944 con Humprey Bogart, il cui titolo originale («To have and have not») è per certi versi il tema dell’operazione con cui, nell’ambito del decreto Pa approvato ieri con la fiducia alla Camera, Fratelli d’Italia ha sancito la nascita di Acque del Sud, la società delle dighe che manda in pensione definitiva l’Ente irrigazione e apre a un ruolo di minoranza dei privati. «E sancisce il principio - dice il commissario dell’Eipli, Gigi Decollanz - che il campanilismo dell’acqua è finito. L’acqua è di tutti e non è di nessuno, ferme restando le compensazioni che spettano ai territori da cui viene prelevata».

L’operazione prevede il trasferimento alla nuova società di tutto il personale e della gestione della grande adduzione, cioè delle dighe lucane, con il subentro nelle forniture agli attuali clienti dell’Eipli. Ma con un «caveat» nascosto nelle pieghe dell’emendamento voluto dal ministro Francesco Lollobrigida e sottoscritto dal deputato veneto Francesco Urzì: i contratti in essere «sono trasferiti alla società di nuova costituzione e sono rinnovati entro i successivi centoventi giorni con l’inserimento di una clausola di garanzia a prima richiesta a carico dell’utente». Significa che i Consorzi di bonifica, ovvero i clienti morosi dell’attuale Eipli, dovranno presentare fideiussioni a garanzia del pagamento delle bollette. E siccome i Consorzi sono finanziariamente morti, questo vuol dire che per farsene carico dovranno intervenire le Regioni.

La debitoria dell’attuale Eipli viene infatti trasferita a una gestione stralcio che dovrà far fronte a 140 milioni di debiti di cui la gran parte (quasi 40 milioni) è in capo ai Consorzi lucani. Il commissario Decollanz dovrà preparare un piano di riparto, che come in una liquidazione giudiziale dovrà recuperare circa 60 milioni di euro di crediti. Con quei soldi garantirà il pagamento integrale dei lavoratori mentre le imprese dovranno accontentarsi di quello che resta: il decreto approvato ieri ha infatti dichiarato «improcedibili le procedure esecutive e le azioni giudiziarie nei confronti dell’Eipli e della successiva gestione stralcio», quindi mettendo fine ai pignoramenti che da vent’anni ingessano l’attività dell’ente. Oggi l’unico buon pagatore è l’Acquedotto Pugliese che, dice il commissario Decollanz, «si è sempre posto con enorme serietà rispetto al tema», mentre tra i debitori storici dell’Eipli risulta l’ex Ilva.

La nuova società comincerà a operare materialmente nel marzo 2024, con un capitale di 5 milioni assegnato al ministero dell’Economia, demandando al ministero dell’Agricoltura la stesura dello statuto e la nomina del presidente. Le tariffe dell’acqua all’ingrosso verranno stabilite dall’Arera, così facendo venire meno anche alcune dinamiche (spesso simili a estorsioni) che si sono generate negli anni tra i territori. Al socio privato (che potrà acquisire fino al 30%) spetta invece la scelta dell’amministratore delegato. L’ingresso dei privati si spiega con la volontà di sviluppare le potenzialità energetiche delle fonti idriche, puntando sull’idroelettrico in analogia a quanto avviene in Calabria (dove esistono nove centrali, tutte possedute da A2A ovvero dalla multiservizi fondata dai Comuni di Brescia e Milano). Ed ecco perché nella visione strategica c’è la possibilità che la nuova società possa muoversi in tutto il Sud. È anche una risposta, per quanto involontaria, a certe iniziative del governatore campano Vincenzo De Luca (che con una legge regionale si è «appropriato» delle infrastrutture idriche) ma anche alla mission che il governatore Michele Emiliano ha affidato all’Acquedotto Pugliese: la trasformazione in una multiutility che possa occuparsi anche di energia e di rifiuti. Dal ministero dell’Agricoltura hanno appreso con qualche sorpresa che la Regione Puglia voleva affidare ad Aqp anche la gestione della grande adduzione, che invece resta e resterà in mano allo Stato: lo statuto di Acque del Sud dovrà prevedere la possibilità di consentire l’ingresso di altri soci pubblici fino al 5% del capitale. Le Regioni, insomma, sono benvenute. Ma a guidare la partita sarà il governo.

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