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Psichiatra uccisa a Pisa, Dell'Osso: «Si tratta di criminali, non pazienti»

 
Marco Seclì

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Marco Seclì

Psichiatra uccisa a Pisa, Dell'Osso: «Si tratta di criminali, non pazienti»

I problemi dopo la chiusura degli Ospedali giudiziari. Strutture alternative al collasso

Martedì 25 Aprile 2023, 13:20

BARI - Chi ha ucciso la dottoressa Barbara Capovani non può essere considerato un paziente psichiatrico e il caso non rientra nell’ambito della psichiatria, ma della criminologia. Ecco perché Liliana Dell’Osso, presidente eletto della Società italiana di psichiatria e direttore della Clinica psichiatrica dell’Università di Pisa, punta l’indice sui problemi sorti con la chiusura degli Ospedali psichiatrici giudiziari.

«Per effetto della legge del 2014 - ricorda la professoressa di origini materane - sono stati sostituiti dalle Rems, le Residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza, strutture al collasso, sovraffollate. Così in molti casi l’autorità giudiziaria è costretta ad applicare le misure demandandole all’assistenza psichiatrica territoriale, che però è totalmente sprovvista di strutture idonee a prendere in carico persone che di fatto non sono soggetti psichiatrici, ma individui con gravi psicopatie. Persone che dovrebbero andare in carcere ma che evitano il circuito penale spesso invocando la seminfermità mentale. E il sistema in questo modo non regge».

Insomma, presidente Dell’Osso, sono criminali non persone che soffrono di problemi psichiatrici.
«Spesso ci troviamo di fronte a casi che rientrano nell’ambito della criminologia e non della psichiatria. È opportuno ricordare, anche per non alimentare uno stigma sociale ancora diffuso, che il vero paziente psichiatrico raramente mette in atto comportamenti violenti, anzi molto spesso i pazienti psichiatrici sono essi stessi vittime di violenza. Oggi, peraltro, abbiamo a disposizione strumenti farmacologici efficaci in grado di contenere in modo veloce le acuzie di una patologia e prevenirle».

La categoria degli psichiatri è però particolarmente colpita da episodi di violenza.

«Il problema della violenza riguarda tutto il personale medico, ma è pur vero che le vittime sono soprattutto psichiatri: il 34% dei casi dicono le statistiche, di cui ben il 70% sono donne. Come Società italiana di psichiatria, riceviamo quotidianamente segnalazioni di episodi di violenza, di gravità diversa. Il fenomeno ha assunto proporzioni davvero preoccupanti, anche perché è sottostimato: spesso medici e infermieri non denunciano per paura di subire ritorsioni. Ecco perché sarebbe importante monitorare gli “eventi-sentinella” che possono fare scattare l’allarme per tempo e permettere di intervenire preventivamente».

Come si può intervenire?
«È necessario ottenere un’inversione di tendenza sulla sanità pubblica. Bisogna tornare a investire, tornare ad assumere medici e infermieri dopo che negli ultimi venti anni hanno subito una costante riduzione le risorse destinate alla salute in generale e alla salute mentale in particolare. Eppure la psichiatria vive una stagione di cura mai registrata prima. Ma la scarsità di mezzi si traduce in lunghe attese per il servizio, può ritardare i percorsi terapeutici e di conseguenza anche generare problemi di sicurezza per medici e infermieri. Emblematici sono gli episodi che si verificano nei Pronto soccorso. Per la psichiatria, in particolare, la legge 113 del 14 agosto 2020 ha disciplinato i protocolli con le forze dell’ordine. Misure difficili da mettere in atto ma che bisogna concretizzare per evitare il ripetersi situazioni tragiche. Occorre un deciso intervento delle istituzioni nazionali e locali».

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