Il trasferimento nel carcere di Opera di Alfredo Cospito «è sicuramente un primo segnale di attenzione, cui deve però seguire l’immediata revoca da parte del Ministro Nordio del regime detentivo speciale perché ormai si tratta di salvare la vita di un uomo, qualunque reato egli abbia commesso». Luigi Paccione, avvocato barese, ha più volte intrapreso iniziative di cittadinanza sociale che hanno avuto come obiettivo la condizione detentiva, nelle carceri e nei centri di detenzione per migranti. «Il tema delle carceri - dice - segnala lo stato di salute di una democrazia, perché il trattamento di un soggetto consegnato alla custodia statale è indice della civiltà di un Paese». E dunque sul 41bis la posizione è netta: «È urgente che il ministro della giustizia, che si distingue per la particolare attenzione sulle garanzie costituzionali, intervenga immediatamente per evitare che Alfredo Cospito muoia in carcere, anche senza attendere pareri che, a quanto si legge sulla stampa, tardano ad arrivare sulla sua scrivania».
La posizione del governo è che il regime del carcere duro sia necessario tutte le volte che occorra interrompere il rapporto del detenuto con il mondo esterno. Non ritiene che in questo senso vada fatto un bilanciamento tra diritto della persona ed effettività della pena?
«La questione non è esattamente in questi termini. Il regime speciale del 41 bis viola la dignità umana perché, come da tempo sottolinea Luigi Manconi, è un regime detentivo che porta alla “deprivazione sensoriale”, cioè a irreparabili danni alla salute per l’annientamento di ogni relazione sociale che è nutrimento per l’uomo. Le modalità di trattamento del detenuto nel regime speciale in esame integrano dunque “tortura” a tutti gli effetti»...
CONTINUA A LEGGERE SULL'EDIZIONE CARTACEA O SULLA NOSTRA DIGITAL EDITION