BARI - Assemblea prima e congresso dopo e poi, a seguire, l’attesa elezione del nuovo segretario nazionale: il Pd continua nella marcia di avvicinamento al cambio del vertice, scelta necessaria all’indomani della sconfitta registrata alle politiche del 25 settembre, anche alla luce delle dimissioni di Enrico Letta. In casa dem, a Roma così come in Puglia, sono perciò giorni complessi e, in alcuni casi, le posizioni si fanno particolarmente critiche.
Critico è, per esempio, il consigliere regionale Fabiano Amati che, senza mezzi termini, spiega che «stiamo sbagliando tutto, ci stiamo andando a schiantare perché è tutto tatticismo, un gioco tra veti e correnti, che dal punto di vista regolamentare prevede addirittura una preselezione, con il gioco delle tessere per poter fare le primarie. Invece - è la visione di Amati - al Pd serve un confronto drammatico, con primarie apertissime, dividendosi su persone e idee e accettando anche il rischio che chi perde vada via. Un partito nel quale - continua - ci siano un “sì” e un “no” e non un “ma anche” come espediente per rimanere assieme ma alla fine non fare nulla. Io penso - incalza ancora - che stiamo andando dritti verso una stagione difficilissima in cui valgono ancora gli equivoci». Un esempio? Amati non ha dubbi: «Non riusciamo ancora a dire che il Pd è un partito per l’Europa, la Nato e tutte le organizzazioni internazionali occidentali». La ragione? «Perché è un partito che non si sa dividere sulle persone e sulle idee, un partito che galleggia. Non c’è un argomento in cui vi sia chiarezza, sempre per questo malinteso che non esiste l’uomo solo al comando che è una sciocchezza - attacca Amati - perché in ogni ambito umano c’è un uomo che comanda e un gruppo che gli sta attorno. Ovviamente nelle democrazie questo deve accadere a tempo limitato. Quindi è tutta un’ipocrisia, uno spostamento senza movimento».
E poi una stoccata all’organizzazione dell’assemblea di sabato che, a detta di Amati «viene fatta in remoto per nascondere il fatto che mancherà il numero legale e io temo che anche l’assemblea farà confusione sulle regole perché non c’è accordo». Una situazione che, per Amati, non ha esclusivamente un respiro nazionale, ma anche locale. «In Puglia si risolve il problema, non si fa niente, non ci si interroga su niente, basti pensare che non si è fatta una riunione dopo il disastro elettorale e si vive ubriacati nel potere e di potere» conclude.
Restando in via Gentile, Michele Mazzarano, invece, sostiene che «sabato il Pd deve confermare la necessità di tenere un congresso costituente che abbia nella sua prima fase la possibilità di fare una discussione profonda sull’identità e sulla missione del partito e crei le condizioni perché a questa discussione possano partecipare in tanti, sia in forma individuale che collettiva». Una posizione che Mazzarano motiva rilevando che «uno dei problemi che il Pd ha avuto in questi anni è stato andare troppo spesso alla ricerca del carisma e invece troppo poco alla ricerca del pensiero. Questo ha provocato leadership che sono fiorite e sfiorite velocemente ma non hanno dato un’identità precisa al Pd. Poi - continua - dopo questa discussione e dopo quella che Enrico Letta ha definito “la chiamata” ci dovrà essere il momento del confronto tra chi si candida che deve portare alle primarie. Io spero che questo impianto rimanga - prosegue - perché il Pd deve fare un congresso che crei condizioni nuove che significa che il Pd non può essere più percepito come il partito del sistema, ma come il partito del cambiamento e del progresso. Noi - conclude - veniamo percepiti soprattutto dalla parte più debole della società come il partito che tende a conservare lo status quo quando, in realtà, dovremmo consentire a chi sta peggio di mettere il pane a tavola».