Il focus
Slow food in Puglia: la sovranità alimentare raccoglie applausi
Parlano gli addetti ai lavori: «La qualità e l’origine delle nostre produzioni meritano protezione»
BARI - D’ispirazione francese - «perché la Francia sì che è capace di difendere i propri interessi nazionali» - la nuova “Sovranità alimentare” continua a raccogliere pareri diversificati fra gli addetti ai lavori. Sulla mission richiamata dal titolare del dicastero all’Agricoltura Lollobrigida sono tutti d’accordo: la difesa del Made in Italy e la tutela dell’economia rurale del Paese come priorità assolute, senza però necessariamente mettere al bando i prodotti stranieri. La definizione - che vuole rappresentare un cambio di passo e la nuova identità delle Politiche agricole - è la stessa dell’omologo ministero francese e, coniata nel 1996 da una organizzazione internazionale di agricoltori, compare nei documenti e nelle linee politiche di diversi paesi. «Una denominazione che ci fa ben sperare perché per noi il cibo è sempre stato sovrano –; ha detto a tal proposito il presidente di Slow Food Puglia, Marcello Longo – se l’obiettivo del dicastero è quello di tutelare le nostre produzioni e il benessere delle generazioni future ha sicuramente il nostro benestare. Tutto quello che si farà in nome del cibo, della lotta alla fame nel mondo e in favore della transizione ecologica sarà da parte nostra considerato sempre positivo; purtroppo oggi si vende un bullone come se si vendesse un uovo, ragion per cui qualsiasi cambiamento è benaccetto».
Altissime le aspettative manifestate anche da Ettore Congedi, titolare dell’azienda “Olio Congedi”, che sulla difesa del Made in Italy apre una considerazione importante: «Il consumatore deve imparare a conoscere le denominazioni Dop e Igp, ad oggi l’unico strumento utile a identificare la qualità dei nostri prodotti e a certificarne le territorialità”; mi aspetto qualcosa di grande pensando al cibo sovrano, certamente meritevole di maggiore attenzione rispetto al passato». Un nome “terribile” ma sicuramente funzionale alla causa, e cioè la salvaguardia delle eccellenze nostrane, secondo il presidente del Movimento Turismo del Vino in Puglia, Massimiliano Apollonio: «Il nome poteva essere diverso, elegante ma forse un po’ anacronistico; se il senso è difendere la qualità italiana così per come la intendiamo noi allora ha una propria funzionalità. Questa denominazione però potrebbe rivelarsi un boomerang per il governo italiano perché adesso le aspettative sono veramente grandi». Le belle parole devono essere sempre accompagnate da contenuti altrettanto importanti nell’opinione di Francesco Barba, proprietario dell’azienda agricola “Donna Oleria”: «Questa Sovranità alimentare di ispirazione francese può tornare utile soprattutto in fatto di difesa della qualità e dell’eccellenza italiane. Dobbiamo difenderci dal fenomeno del cosiddetto italian sounding, utilizzato per commercializzare prodotti stranieri come se fossero italiani, come nel caso del Parmigiano con il parmesan. L’importante è che questo concetto non sia una trovata politica, ma che sia ricco di contenuti a partire dalla tutela della nostra economia di settore, anche attraverso etichette più chiare ed efficaci». Una declinazione interessante se valutata come tutela dell’agroalimentare italiano, «soprattutto alla luce delle considerazioni post Covid che il Paese ha potuto fare», anche per Gianni Cantele dell’azienda vinicola “Cantele Winery”: «Nel momento in cui tuteliamo il Made in Italy nella maniera corretta dal punto di vista agricolo si attua il concetto di sovranità alimentare, che non va intesa come autarchia, soprattutto in un Paese come l’Italia in cui l’export registra numeri considerevoli. In un titolo del genere vedo chiara la volontà di combattere le intenzioni di alcune parti dell’Unione Europea su etichettature e parametri di tipo quasi terroristico, come nel caso del vino paragonato ad un superalcolico al 45% di alcool. Mi auguro ci sia un’azione importante anche sul versante delle risorse tecniche e meccaniche per la produzione agricola». Parere positivo sulla nuova denominazione è stato espresso anche da Giovanni Aiello dell’omonima azienda vinicola: «Nessuna considerazione politica; da produttore ritengo che per primi noi italiani dobbiamo credere maggiormente nel valore della produzione italiana. Ben venga un’azione politica e governativa più attenta al Made in Italy. Siamo la terra dell’eccellenza, ma non l’abbiamo compreso appieno. Magari questa formula potrà sostenere più concretamente l’immagine del Paese». Un tema quanto mai attuale ma che va toccato con la giusta saggezza secondo Andrea Cavalieri dello storico pastificio “Benedetto Cavalieri”: «Un discorso che vale per il segmento dell’alimentare, ma che può declinarsi anche al campo energetico. Chiudersi a riccio in un concetto di sovranità che non contempli una programmazione con i nostri partners europei potrebbe essere un errore. Noi italiani siamo grandi esportatori in molti settori, nel caso della pasta ad esempio. Sono diversi i settori dell’economia in cui la vendita all’estero registra numeri considerevoli. Quindi, tutela del Made in Italy certamente, ma l’importante è che il concetto di sovranità non ci allontani da un ragionamento che oggi più che mai deve essere sempre più europeo e quindi lontano dai localismi». E mentre il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha definito «non più rinviabile una piena sovranità alimentare, che non significa mettere fuori commercio l’ananas come qualcuno ha detto», la nuova linea di governo sembra puntare dritto all’obiettivo: «la difesa dei marchi e dei prodotti di assoluta eccellenza agroalimentare in sede europea».