Originali o scontati, a volte semi-blasfemi, altre volte ecumenici. Sono i motti elettorali dei candidati sindaci ai blocchi di partenza verso le amministrative del 12 giugno. Focalizzando l’attenzione su Barletta e Taranto, i due capoluoghi di provincia chiamati a rinnovare sindaco e giunta, il catalogo è questo.
«Santa, Subito Sindaco». Nella città del Colosso Eraclio, contraddicendo l’antico adagio che invitava a scherzare con i fanti, il Pd e il centrosinistra hanno lanciato uno slogan che farà discutere per sostenere la candidatura a sindaco di Santa Scommegna, ex dirigente comunale, appoggiata dal governatore Michele Emiliano e dal capogruppo regionale dem Filippo Caracciolo. Il biglietto da visita dell’aspirante alla fasci tricolore - seguita dall’agenzia Promostudio di Luca Rutigliano - gioca volutamente sul suo nome di battesimo: «Mi presento, il mio nome è Santa: Santa Scommegna. Da oltre trent'anni sono dalla parte della gente. Io sono Santa per mio marito e i miei figli, sono Santa per i miei colleghi, sono Santa per miei amici e i miei nemici, sono Santa per i miei concittadini, sono Santa e sarò Santa per tutti, anche da sindaco». Tutto questo succede proprio nella città della Disfida, dove per costruire la coalizione progressista, il Pd ha litigato a lungo tra Bari e Roma (con gli interventi dei dirigenti nazionali Francesco Boccia e Marco Meloni). Insomma per mettere un po’ di pace non è un azzardo sperare in un intervento dall’Alto...
Nel centrodestra è già in clima partita il sindaco uscente Mino Cannito, che ha scelto di replicate i motti più calcistici: «Scendiamo in campo X Barletta», «Sempre accanto a te», «Tutti X Mino». Sembra quasi di sentire il sottofondo della curva degli ultras biancorossi, che vissero stagioni indimenticabili in B, con in panchina Giorgio Rumignani. Cannito, poi, ha scelto di indossare la felpa con la scritta «Barletta», suscitando le ire del dem Francesco Boccia, che ne ha stigmatizzato la caduta nell’alveo dello stile simil-salviniano. In realtà, la prima felpa indossata con la scritta «Barletta» era del forzista Dario Damiani, senatore, cresciuto in An e da sempre schierato su posizioni moderate e liberali… Non ha ancora una campagna predefinita Carmine Doronzo, candidato del terzo polo, che però alla primarie ha chiesto il voto con l’appello «per una città migliore», e si è fatto fotografare con due magnifiche dame, le sue due nonne, canute e sorridenti, strette nel suo abbraccio.
A Taranto la campagna ha molto di antico. La città dei due mari è ricoperta di manifesti con faccioni più o meno ispiranti tra tanta voglia di continuità o cambiamento. «Il meglio viene adesso»: questa la frase che caratterizza la foto profilo di Rinaldo Melucci, sindaco uscente, ricandidato dal Pd e dal centrosinistra (più i grillini) dopo che un pezzo della sua vecchia maggioranza aveva fatto sciogliere il consiglio comunale. Nel post in alto nella sua pagina guarda a Oriente (quindi anche alla Cina?), richiamando una citazione addirittura di Confucio: «La felicità più grande non sta nel non cadere mai, ma nel risollevarsi sempre dopo una caduta». Di fatto un messaggio che ben fotografa la sua voglia di rivincita. Sul fronte civico del centrodestra c’è il candidato sindaco Walter Musillo che ha scelto di incarnare uno spirito di rottura rispetto al passato: «Non sono mai solo. Vivo la mia città a 360 gradi. Non voglio essere un uomo solo al comando», scrive sui social. Il suo claim è «Taranto grande davvero», e grande (e ampia) appare la sua coalizione che va dalle civiche area Popolari di Massimiliano Stellato alle liste di centrodestra come «Prima l’Italia», Fratelli d’Italia e Fi, senza dimenticare la destra di AT6, creazione di Giancarlo Cito. Il terzo candidato, Luigi Abbate, ha puntato sui manifesti per la sua lista «Taranto senza Ilva». Lo slogan? «Taranto ai tarantini». Corrono per Palazzo di città anche Massimo Battista, ex consigliere comunale 5S, con l’appello «Taranto città normale», e Eugenio Filograna, ex Fi, pugliese trapiantato a Milano, per il movimento Autonomi e partite Iva, ancora senza materiale di propaganda.