Sanità

Epatiti pediatriche: «Allerta, ma i vaccini non c’entrano niente»

Redazione online

L’origine delle epatiti acute che hanno colpito 190 bambini nel mondo continua a non trovare una risposta definitiva ma l’Iss prende una posizione spiegando di ritenere «improbabile» l’ipotesi dell’adenovirus

ROMA - L’origine delle epatiti acute che hanno colpito 190 bambini nel mondo continua a non trovare una risposta definitiva ma l’Iss prende una posizione spiegando di ritenere «improbabile» l’ipotesi dell’adenovirus che negli ultimi giorni si era rafforzata dopo le dichiarazione dell’Oms di sabato scorso. Tre le ipotesi più accreditate, la prima era appunto quella sulla responsabilità di questa famiglia di virus che può causare il comune raffreddore, giudicata ora poco credibile dall’Istituto che rappresenta il braccio tecnico scientifico del ministero della Salute.

«Un tipo di adenovirus, in particolare - ha spiegato anche l'Ecdc - causa comunemente gastroenterite acuta e sono stati segnalati casi di epatite in bambini immunocompromessi, ma mai in precedenza in bambini sani», come erano quelli colpiti in queste settimane. «L'adenovirus - precisa l’Iss - normalmente non è associato a malattie epatiche. In ogni caso l’adenovirus contenuto nei vaccini a vettore adenovirale anti Sars-Cov-2 utilizzati in alcuni Paesi (in Italia AstraZeneca e Janssen), è geneticamente modificato in modo da non replicare nelle cellule del nostro organismo». La seconda ipotesi è quella di un adenovirus mutato e a questa si aggiunge la terza su un’azione tandem di un adenovirus assieme ad un altro virus, come il SarsCoV2.

Tutti d’accordo invece nell’escludere la responsabilità dei vaccini contro Covid-19, poiché i bambini in Gran Bretagna, come quelli in Italia, non erano vaccinati. Secondo altri esperti, infine, l’immunità ridotta a causa dei diminuiti contatti sociali durante la pandemia potrebbe avere contribuito a rendere i bambini più vulnerabili ma al momento questa quarta tesi non convince molti. «La sola cosa che possiamo dire è che l’impatto» delle epatiti pediatriche «è grave, visto il numero di bambini» che sviluppano «malattia severa e che alcuni di questi addirittura richiedono trapianto di fegato», ha detto la direttrice del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie.

In Italia l’attenzione è massima: i pediatri di famiglia hanno attivato una rete di sorveglianza per segnale e valutare ogni caso sospetto, ha annunciato Antonio D’Avino, presidente della Federazione italiana medici pediatri Fimp, che ha incontrato il ministro della Salute Roberto Speranza. Ad oggi sono 190 i casi nel mondo di epatite acuta finora registrati nei bambini, con la malattia finora identificata in 12 Paesi a livello globale, inclusi 40 casi nell’Unione europea: di questi ultimi, una decina in Italia, con tre confermati. In Italia, come ha riferito Sileri, «abbiamo una decina di segnalazioni, un trapianto è stato fatto e tre sono casi confermati». Il sottosegretario ha invitato i genitori «a non allarmarsi al primo segno e rivolgersi al medico, perché i sintomi iniziali sono simili a quelli di un’influenza gastrointestinale, molto comune in età pediatrica». Il sintomo più evidente delle epatiti «è l’ittero o colorazione giallognola della pelle e delle sclere. Altri sintomi gastrointestinali con cui si presenta, come nausea vomito e febbre sono abbastanza frequenti nei bambini, ma in genere in 48 ore passano». Nel Lazio è stato registrato un secondo caso: una bambina di 8 mesi ricoverata ed ora fuori pericolo. Mentre sta bene, è stato dimesso dopo 14 giorni e sono in corso gli esami di genomica molecolare allo Spallanzani per un bimbo ricoverato a fine marzo all’ospedale Goretti di Latina e che potrebbe rappresentare il primo caso in Italia. Un’altra bambina di 3 anni a Modena è stata dimessa.

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