I percorsi della salute

La malattia di Fedez accende i riflettori sui tumori neuroendocrini in Puglia

Daniele Amoruso

Il risvolto negativo è che molti dei malati in cura a Bari hanno già iniziato a rivolgersi, pieni di dubbi, al Policlinico, per chiedere se non debbano andare anche loro a operarsi a Milano

BARI - Fedez è un influencer, sempre. Persino in oncologia, è inevitabile. L’effetto positivo è che ora tutti in Italia hanno almeno scoperto l’esistenza dei tumori neuroendocrini (e questo è un bene per la prevenzione). Ma il risvolto negativo è che molti dei malati in cura a Bari hanno già iniziato a rivolgersi, pieni di dubbi, al Policlinico, per chiedere se non debbano andare anche loro a operarsi a Milano.

«Negli ultimi due giorni abbiamo ricevuto decine di telefonate - conferma il prof. Mauro Cives, ricercatore in Oncologia dell’Università di Bari -. Il caso Fedez ha fatto sorgere tante incertezze e i nostri pazienti ci chiedono ora se non è meglio optare per l’intervento e se devono, per questo, prenotare una visita al San Raffaele.» In Puglia si registrano 300 nuove diagnosi di tumore neuroendocrino ogni anno. Nella maggior parte dei casi la malattia è localizzata al pancreas, ma cellule neuroendocrine si possono trovare in molti altri organi, come l’intestino tenue o i polmoni. Solo la metà di loro viene operata. Una parte riceve cure ormonali (analoghi della somatostatina) o farmaci a bersaglio molecolare, ma le terapie più avanzate utilizzano un radionuclide con una microscopica carica radioattiva (paragonabile a quella utilizzata nelle scintigrafie): che, grazie alla sua composizione, una volta iniettato viene completamente attratto e concentrato esclusivamente nelle cellule tumorali per distruggerle dall’interno. È la radioligand therapy, che utilizza il Lutezio-177. Con questa strategia di cura le cellule sane vengono del tutto preservate, tutta la radioattività si concentra all’interno del cancro. «Sono tumori dallo sviluppo molto lento nelle fasi iniziali - precisa il prof. Cives - , tanto che si può adottare anche una strategia di attesa (watch and wait) fino a quando il diametro non supera i due centimetri. Entro questo limite il tumore non cresce e non dà metastasi.

«Quando il lento sviluppo supera questa dimensione, la chirurgia ha un ruolo chiave». La rete di cura dei tumori neuroendocrini in Puglia è molto efficace. L’intero ventaglio di cure è a disposizione degli specialisti. Il problema, come nel resto d’Italia, è scoprire in tempo la malattia. «I sintomi chiave cambiano a seconda dell’organo interessato - interviene lo Specialista, che ha dedicato molti studi e ricerche negli Stati Uniti ai tumori neuroendocrini -. Un altro fattore è la produzione di ormoni. Quando per esempio il tumore si sviluppa nel pancreas e produce insulina (si parla allora di insulinoma), si hanno delle crisi ipoglicemiche.

Questo diventa un prezioso campanello d’allarme.» Purtroppo in quasi la metà dei casi questi segni mancano e la diagnosi si fa in uno stadio avanzato o metastatico. La terapia radiometabolica in questi casi è la più innovativa ed è in grado di controllare la malattia. Nel 2019 il Presidente Emiliano firmò un memorandum per lo sviluppo di radiofarmaci attraverso un protocollo d’intesa con la Russia. Ora che certamente questo progetto verrà accantonato, è facile prevedere che anche in Puglia si debba puntare esclusivamente sull’impiego del Lutezio-177.

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