PUTIGNANO (BARI) - Putignano «La mia non è ma stata una battaglia per la morte, ma per il rispetto della vita». Beppino Englaro non si ferma, non ha esitazioni, non si arrende. «Mia figlia Eluana è morta nel 2009, dopo 17 anni di coma e una battaglia giudiziaria durata 5.750 giorni» ricorda.
Un tempo infinito di sofferenze, di lacrime, di rabbia, vissuto in solitudine, almeno all’inizio. Sono passati tredici anni e la Camera, due giorni fa, ha votato il primo sì alla legge sul suicidio assistito «Un piccolo passo in avanti - dice Englaro - ma se ne devono fare degli altri. Il tempo passa e ci troviamo di fronte a dei nuovi diritti che non possono essere negati. Io ho portato avanti l’autodeterminazione terapeutica che era già, ai tempi dell’incidente di mia figlia, un diritto fondamentale costituzionale».
Eluana in coma veniva alimentata con un sondino, morì dopo la sospensione di nutrizione e idratazione nel rispetto di un principio già esistente, statuito dall'articolo 32 della Costituzione che recita «nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge.
La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana». È quel rispetto che Beppino Englaro e sua moglie che oggi non c’è più, hanno cercato e difeso in una battaglia lunga ed estenuante «durata più di 30 anni - precisa Beppino -. Quando nel 1996 iniziai a chiedere che a Eluana fossero sospese le cure, intorno a me c'era il deserto. Nessuno ci dava retta. Il calvario che mia moglie ed io abbiamo affrontato per poter far rispettare la volontà di Eluana, ha cambiato lentamente le coscienze, aperto una breccia, un varco culturale. Abbiamo pagato un prezzo molto alto ma molte cose alla fine sono cambiate».
Ancora oggi però c’è chi si oppone, chi ritiene che l’uomo non sia padrone della propria esistenza e sposta continuamente la linea del traguardo.
«La forza della storia di Eluana è nella semplicità. Per la prima volta la politica e le persone che si trovavano all’interno delle istituzione si sono trovati di fronte a questioni e temi di cui non avevano mai sentito parlare e che non volevano affrontare. Oggi per fortuna molte cose sono cambiate. I nostri temi, le nostre problematiche sono state portate dentro le istituzioni».
C’è chi sostiene che il nuovo testo di legge sul suicidio assistito sia pieno di lacune ed ostacoli: l'obiezione di coscienza per i medici, l'obbligo delle medicine palliative, l’ammissione al suicidio assistito soltanto di malati tenuti in vita da sostegni vitali, cioè un ventilatore o la nutrizione artificiale.
Ma esclude, ad esempio, i malati oncologici terminali. «Esiste ancora una certa resistenza all’interno delle istituzioni - risponde il papà di Eluana - ma la gente pensa e desidera altro. Il partito di chi si oppone all'autodeterminazione, alla libertà di scelta sul fine vita è forte e non arretra. Forse se ne dovrebbero ricordare gli italiani quando vanno a votare».
Temi delicatissimi legati all’autodeterminazione, al consenso informato del malato, alla questione dell’accanimento terapeutico, delle disposizioni anticipate di trattamento sanitario, della pianificazione condivisa delle cure tra medico e paziente e delle cure palliative sono stati al centro dell’incontro che Englaro ha avuto con gli studenti del liceo Majorana – Laterza di Putignano.
Al tavolo dei relatori accanto a Beppino erano seduti Giovanni Giorgio - ex procuratore della Repubblica, incaricato del corso di Diritto penale presso la facoltà di Giurisprudenza della Lum; Vincenzo Defilippis, presidente della Federazione europea associazioni cediche cattoliche e direttore Dipartimento sicurezza e qualità Asl Bari; Nicola Colaianni, già parlamentare, giudice della Corte di Cassazione e professore ordinario di Diritto ecclesiastico. Ha moderato moderato l’avvocato Michele Ficco. L’iniziativa è stata promossa dalla professoressa Grazia Corigliano.