il punto del direttore
Taranto rinuncia al futuro
L’accordo sarà firmato ugualmente ma non dal Comune di Taranto, e così ancora una volta la città dei due mari si farà calare le scelte dall’alto
Agli urlatori in servizio permanente effettivo, sia nelle piazze reali che in quelle virtuali, si risponde con le denunce, non aprendo loro le stanze delle istituzioni. Ai laureati in diritto dell’ambiente su Wikipedia e ai titolari di master sulla siderurgia conseguiti su Chat Gpt, si consigliano bravi specialisti, evitando di elevarli a interlocutori o esperti dalle cui labbra pendere in vista di decisioni dirimenti per il futuro di Taranto.
Invece, tutto quello che non doveva essere fatto approcciandosi al dossier Ilva, è stato puntualmente compiuto, inanellando una serie di errori strategici che ha portato l’altra sera al disastro politico e alle dimissioni del sindaco Piero Bitetti, a nemmeno due mesi dall’elezione e alla vigilia dell’incontro già fissato al Ministero per le imprese per la firma dell’accordo di programma per la decarbonizzazione dell’Ilva.
L’accordo sarà firmato ugualmente ma non dal Comune di Taranto e così ancora una volta la città dei due mari si farà calare le scelte dall’alto, rinunciando ad essere protagonista nelle decisioni.
Abbandonata dalle forze politiche di destra e di sinistra, per una volta Taranto sembrava avere la possibilità di incidere concretamente sul modello produttivo dell’Ilva, unico impianto a ciclo integrale rimasto in Italia e da qualche giorno munito della contestatissima Autorizzazione integrata ambientale che permette in linea teorica una produzione annua di 6 milioni di tonnellate di acciaio ricorrendo ancora al carbone. A chiedere il riesame, ovvero la revisione dell’Aia, non sarà il Comune ma saranno la Regione Puglia con il presidente Michele Emiliano che in solitaria si batte dal 2019 per la decarbonizzazione del siderurgico, il gestore (Acciaierie d’Italia) e il Governo.
Non firmare l’accordo di programma a qualcuno procurerà una effimera medaglietta da appuntarsi sul petto dell’ambientalismo à la page, per la comunità tarantina sarà l’ennesima conferma della cronica incapacità di essere padroni (o almeno comproprietari) del proprio destino.
Privo di una rete di sostegno politico, ancora senza uno staff dirigenziale e comunicativo all’altezza dei bisogni (e pure dei sogni) di una grande città come Taranto, il sindaco Bitetti ha scelto la fuga emotiva delle dimissioni invece che quella del coraggio e della visione. Per carità, bisogna trovarsi al cospetto di urla, insulti e minacce per comprendere quello che il primo cittadino ha provato l’altra sera e poi decidere che fare. Ma ciò premesso, e ribadendo la condanna per vecchi e nuovi diffamatori seriali, chi viene eletto democraticamente dai cittadini, ha il diritto e il dovere di governare, prendendo decisioni, anche complicate, senza necessariamente passare da chi il consenso non ce l’ha, non lo ha mai avuto, mai lo avrà e anzi fieramente esibisce i brandelli della sua tessera elettorale.
Non comanda chi grida più forte ma chi prende più voti.