Icaro

Ma il tempo disegna la realtà: il futuro è ora

Enzo Verrengia

Il futuro secondo Italo Calvino? È il presente. Scriveva nelle Cosmicomiche: «Nell’universo ormai non c’erano più un contenente e un contenuto, ma solo uno spessore generale di segni sovrapposti agglutinati che occupava tutto il volume dello spazio, era una picchiettatura continua, minutissima, un reticolo di linee e graffi e rilievi e incisioni, l’universo era scarabocchiato da tutte le parti, lungo tutte le dimensioni». Ecco il presagio della globalizzazione, che da assetto socio-economico di un pianeta si estende al continuum e diviene il paradigma dello spazio-tempo, codificato dalla fisica quantistica, che per certi versi è letteratura applicata alla scienza. Un altro passo conferma l’interpretazione delle visioni avveniriste di Calvino: «E io penso che era bello allora, attraverso quel vuoto tracciare tutte rette e parabole, individuare il punto esatto, l’intersezione tra spazio e tempo in cui sarebbe scoccato l’avvenimento, incontestabile nello spicco del suo bagliore; mentre adesso gli avvenimenti vengono giù ininterrotti come una colata di cemento…» Ossia l’ininterrotto fluire informatico odierno. Per approdare al totem col quale si confrontano da oltre mezzo secolo tutti gli artisti contemporanei: «Ogni sera la televisione e la lettura sono in concorrenza nella mia vita. Provo una specie di sollievo se non c’è niente alla televisione che io sia tentato di vedere. Posso allora leggere collo spirito tranquillo. I film o i servizi d’attualità, li guardo spesso, ma non mi posso impedire di considerarli come tempo rubato alla lettura. Appartengo alla civiltà del libro e non posso reagire in un altro modo. Se l’esperienza in concorrenza col libro fosse la vita, i viaggi, il conoscere gente, forse non la concepirei come opposta. Ma tra la televisione e il libro, c’è proprio opposizione visto che si tratta di due prodotti culturali. E senza stabilire nessuna gerarchia, devo ammettere che il libro è il mio modo d’espressione, il mio mestiere, mentre la televisione mi pare piuttosto una distrazione o un sorso d’informazione complementatario». Dal fantasy de Il barone rampante alle distopie delle Cosmicomiche, per approdare alla scomposizione narrativa di Se una notte d’inverno un viaggiatore, Calvino esplorava il tempo, che per gli altri solamente scorreva, invece per lui disegnava la realtà sotto forma di casualità e destino. Riusciva a proiettare questa modalità perfino nell’innocente Marcovaldo, icona di uno status proletario e operaio già post-industriale. Sul cui modello Calvino così si esprimeva: «La seconda rivoluzione industriale non si presenta come la prima con immagini schiaccianti quali presse di laminatoi o colate d’acciaio, ma come i bit d’un flusso d’informazione che corre sui circuiti sotto forma d’impulsi elettronici. Appunto. Sembra quasi che improvvisamente l’industria tecnologica si sia spaventata di fronte alla propria digitalizzazione pura affidandosi alla pesantezza dell’hardware per riemergere da un mondo fatto solo di bit».

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