Commedia
Emeriti Toti e Tata: «Non mi faccia il classico l’improvvisazione vince sempre»
Denis Diderot nel suo famoso Paradosso sull’attore (1770/80 circa) fa dialogare tra loro un fautore, in teatro, dell’attore freddo, razionale esecutore sera per sera del dettato di testo/personaggio, con un sostenitore dell’attore caldo, quello che si abbandonaagli improvvisi sbalzi dell’umore e del sentimento in scena. Questo tanto per per dare un incipit molto “culturale” a una nostra riflessione sulla vexhata qaestio, oggi come oggi, a distanza di più di due secoli dall’illuminista Diderot e mutatis mutandis (vai col latino!) rispetto a epoche e contesti diversi, della differenza fra la tradizionale attenzione al testo-base di una commedia e, al contrario, l’improvvisazione in scena, fuori da ogni canone. Ci riferiamo in particolare al teatro comico, laddove vecchie e nuove forme di comicità, con nuovi comici, si affacciano all’orizzonte dei media, dilagando anche sui social, sotto forma di quella Stand-Up-Comedy che mette brutalmente l’attore “in piedi” (stand-up) in faccia al pubblico.
Sull’argomento ho posto domande e fatto dialogare due emeriti, cioè due luminari della comicità, due cattedratici del settore: Emilio Solfrizzi (già in arte Toti) e Antonio Stornaiolo (che fu Tata), in più di fatto “comici laureati” anche legalmente, in Lettere al Dams.
«Credo in un approccio più teatrale - è il dottor Solfrizzi che parla - mentre la stand-up si basa più sull’individualità, su una scrittura tutta “sparata” e poco razionale o dialogica. Certo il testo di partenza, o canovaccio che sia, non deve essere una prigione, non deve ripetersi come un disco rotto. Per me e per il mio valoroso collega dottor Stornaiolo, quando facevamo/facciamo teatro insieme, il testo base è importante, ma non comanda, non prevarica, fa da buon compagno di viaggio. Se fossimo sempre inchiodati al testo, senza la minima sbavatura, l’esimio dottor Stornaiolo già alla seconda battuta del testo se ne verrebbe fuori con quelle sue pregevolissime invenzioni, strampalate e alquanto schizzate. Certo poi è che stando alla lettera dei testi, alla loro pedissequa scansione, finiremmo con l’annoiarci alla morte, prima noi, poi il pubblico».
«Lei è veramente un emerito, caro collega - è ora il dottor Stornaiolo a parlare - fatto sta che essendo un po’ cambiato il concetto di comicità, fra teatro, cinema, tv, cui si è aggiunta la platea immensa dei social, oggi non è proprio facile distinguere ciò che è meglio fare, capire ciò che è buono e ciò che è mediocre e qui mi riferisco ai comici nuovi e nuovissimi. Riflessione razionale e meticolosa del testo-base o improvvisazione, magari un po’ sgangherata? La mia risposta, scientificamente parlando, è Boooh!!? Noi due, caro collega, abbiamo in passato (e in presente vivaddio!) sempre giocato sull’intreccio fra un solido canovaccio di partenza e delle variazioni impulsive e ad effetto, ma sempre calibrate sulla reciproca conoscenza e sulla padronanza, a monte, di qualsiasi eventualità testuale e scenica».
«Anche lei parla da emerito - reagisce il cattedratico Solfrizzi - ma non si nasconda dietro i paroloni. A lei, lo confessi, piace andare su di giri, uscire dal seminato, spesso farla fuori dal vaso (mi riferisco alla battuta rispetto al copione), insomma improvvisare piuttosto che attenersi alla dura legge della scrittura teatrale».
«Ebbene lo ammetto - confessa da emerito Stornaiolo - sono piuttosto a favore dell’improvvisazione, dote rara e meravigliosa. Mi piace essere non “in attesa della battuta”, ma piuttosto della “non battuta”, quella non scritta, quella che si mette in gioco ogni volta davanti al pubblico. Un mettersi in gioco in cui lei, esimio Solfrizzi, è per altro bravissimo. Via, non faccia tanto il rigoroso, non faccia il “classico” a tutti i costi, uno che sta dietro dietro ai copioni, alle regole, eccetera. Anche a lei piace, per dirla con i classici, il cazzeggio in scena!».
«Che i numi e i lari di Diderot mi perdonino - è l’attore laureato Solfrizzi a parlare - in effetti non mi considero nemmeno io uno freddo e razionale fino in fondo. Un po’ di calda improvvisazione ogni tanto, anzi spesso, ci vuole. Anche lei ne sa qualcosa, valoroso Stornaiolo».
Fine del dialoghetto fra i due emeriti.
Intanto, giusto per dirne una, nelle settimane passate in due serate alla Fiera del Levante, i due attori coronati di lauro hanno radunato cinque/seimila spettatori a sera, tra il freddo della ragione testuale e il calore dell’improvvisazione in ribalta. Anche con le immortali canzoni di Gennaro Nunziante, mi ricorda l’emerito Stornaiolo.
Il “classico” Solfrizzi poi sta portando in giro un Anfitrione di Plauto molto “aggiornato”, al fine di inseguire e raggiungere risate molto ma molto contemporanee.