Icaro
La geopolitica del caos: se il cinema incontra la Storia
Il nesso tra cinema e storia andrebbe ripensato. Perché il cinema si doti dell’iniziale maiuscola ed essere orgogliosamente Cinema occorre che anche il suo termine di confronto, diciamo pure l’interfaccia sia la Storia, anch’essa dotata di maiuscola, poiché «le storie esistono soltanto nelle storie, mentre la vita scorre nel corso del tempo senza bisogno di altre storie», secondo il motto di Wim Wenders ne Lo stato delle cose. Il cinema, perché sia Cinema, la Storia dovrebbe saperla prendere di petto, non raccontarla o riassumerla. Dovrebbe poterla fare, direttamente, come è accaduto in numerose circostanze della sua, appunto, storia. Non è un gioco di parole quello che unisce Cinema e Storia, ammesso che esista una Storia intesa come macrostoria inseparabile dalla microstoria, come ormai gli storiografi hanno assodato.
Però è vero che chiamarne in causa l’importanza trasversale ed egemone, a partire dall’utilizzo della maiuscola inaugurale, rende il Cinema all’altezza di questa concezione della Storia e lo porta ad una effettiva, parallela o complementare Storia del Cinema. Ma il complemento di specificazione quando si parla di Storia “del” Cinema, con le maiuscole esibite come muscoli, non basta a porre il problema correttamente, né la congiunzione “e” può da sola reggere il rapporto tra i due ambiti, come se viaggiassero in scompartimenti separati.
Quella “e” necessità di un’accentuazione o, più semplicemente, di un accento per diventare particella verbale “è”. Cioè quando il Cinema incontra la Storia, non può essere che soccomba al suo magistero, per dirla con una celebre battuta di “Per un pugno di dollari” di Sergio Leone. L’assunto deve diventare Cinema “è” Storia, laddove il verbo meglio di qualsiasi altra parole rende il senso paritario e relazionale tra due categorie del sapere per accedere ad una verità complessa, raccogliendo cioè tutti i dati sensibili, inclusi quelli audiovisivi non di secondo piano, divulgativo, esemplificativo o spettacolare. Il film insospettabilmente capace di farsi carico del fattore storico ineludibile, come nei drammi storici shakespeariani, assumerà una posizione di rango, da oltre un secolo e più di frequente di quanto non si voglia ammettere o studiare. La contrapposizione tra il modello di Omero e di Erodoto, il poeta da una parte e lo storico dall’altra, dovrebbe essere rimossa soprattutto nel contesto delle immagini in movimento a favore di una visione in cui Omero è Erodoto, ovvero che Cinema è Storia.
A fronte dei tantissimi esempi, valga la pena per una volta non scomodare classici o capolavori. Facile dimostrarlo ai piani alti. Più interessante è invece procedere seguendo una metodologia che abbiamo definito altrove “politico-indiziaria”, secondo la quale qualsiasi film può giungere a far brillare, se adeguatamente esaminato, elementi fondamentali di storicità acquisita politicamente rilevante per via indiziaria, sul campo e in campo. Nel clima e nel linguaggio da Guerra fredda in cui siamo sprofondati daccapo, dove persino i confini verbali sono diventati pericolosi, bruschi e violenti, provvede un bellissimo film con Totò e Peppino De Filippo diretto da Giorgio Bianchi, Totò e Peppino divisi a Berlino (1962), che più di tanti capolavori o libri di storia/Storia ufficiale ha saputo presentare l’assurdità repentina dell’insorgenza del Muro di Berlino, tanto da prendere in contropiede i Totò e Peppino del titolo dalla notte al giorno. Quel Muro fisico e simbolico, di sicuro durevole e forse nell’immaginario conflittuale contemporaneo mai completamente rimosso, nel benemerito film con Totò e Peppino crea situazioni portate al parossismo comico; però sintomatico di circostanze storiche altrettanto parossistiche.
Non ultima la difficoltà dei due di condividere un letto a una piazza con i piedi dell’uno sulla faccia dell’altro. Tra di loro il prepotente di turno è sempre Totò e Peppino ne fa, al solito, le spese. Ma è interessante accorgersi, con il senno di poi e la consapevolezza erigenda del fattore Cinema “è” Storia, magari alla luce riflessa delle più aggiornate frontiere insanguinate, che dopo aver bisticciato è già accaduto fuori qualcosa ai buoni immigrati meridionali Totò e Peppino. Prima di accorgersi di essere stati murati nottetempo nel misero appartamento al confine involontario tra quella che sarebbe diventata Berlino e la Germania Ovest rispetto alle corrispondenti geopolitici dell’Est, i beniamini comici del cinema popolare italiano hanno fatto fatica a starsene in coppia in un solo letto. Totò e Peppino divisi a Berlino, esemplare storiografico insostituibile di “film politico indiziario”, si fa portatore sano e irridente di quella “geopolitica del caos” di lungo corso, purtroppo intatta e inesausta.