la storia
Schegge impazzite tra palco e realtà
Momenti, questi, diventati parte della storia pop d’Italia, ma soprattutto episodi unici e irripetibili, che non si lasciano incastrare in letture sociologiche
Ventitré febbraio 1995. Gli occhi di tutta Italia sono puntati sul teatro più famoso della tv, l’Ariston di Sanremo. Un ancora sconosciuto Pino Pagano beve shots di Montenegro per farsi coraggio. In galleria, spinge via una signora in pelliccia che si rifiuta di farlo passare. Poi, il resto è storia: Pino si siede sul bordo minacciando di buttarsi giù perché “disperato”, ha bisogno di un lavoro (e invece era solo in cerca di notorietà). Pippo Baudo lo raggiunge e lo “salva” tra gli applausi.
Pino Pagano è una delle tante “schegge impazzite” che hanno rotto l’armonia e la convenzionalità del festival in giacca e papillon, un Sanremo dove oggi tanti artisti cercano di sconvolgere il pubblico di mamma Rai tra schitarrate e tutine glam. Le esibizioni di Achille Lauro tra baci omosessuali e costumi estrosi faranno sgranare forse gli occhi dei più anziani, ma per i late millennials cresciuti a pane e Lady Gaga non rappresentano certo una novità. Per questo, forse, le uniche vere schegge impazzite sanremesi dei nostri giorni (degne di essere chiamate tali) sono Morgan e Bubo, con l’uscita dal palco di quest’ultimo a l’una di notte e un cambio di testo passato inosservato ai tanti che sonnecchiavano sul divano.
Ma la storia di queste schegge è lunghissima, a volte exploit di singoli individui, altre lo sforzo collettivo di artisti davvero fuori dal comune. Nel 1992, Mario Appignani, soprannominato Cavallo Pazzo, riuscì a raggiungere il palco del teatro Ariston e a gridare «Questo Festival è truccato e lo vince Fausto Leali» (cosa che poi non accadde, vinse Luca Barbarossa). Nel 1984, l’organizzazione del festival decise di far esibire i Queen in playback, lasciando interdetto Freddie Mercury che, per protesta, cantò con il microfono lontano dalla bocca e imitando le movenze del videoclip di Radio Gaga. Nel 1979, ben prima di Elio e Le Storie Tese, i Pandemonium si attirarono le critiche del pubblico con il testo di Tu fai schifo sempre (si classificarono decimi). E ancora: sempre nello storico Sanremo 1995, Elton John, già a metà strada fra l’aeroporto di Nizza e Sanremo, fece invertire la marcia all’autista per tornare all’aeroporto e ripartire per Londra. Il motivo? Mistero. Solo a mezzanotte, Baudo comunicò al pubblico che il cantante non sarebbe più arrivato al Festival, con tanto di torta e candeline.
Momenti, questi, diventati parte della storia pop d’Italia, ma soprattutto episodi unici e irripetibili, che non si lasciano incastrare in letture sociologiche e si sottraggono dall’essere interpretati come «lo spirito dei tempi che cambiano», come capita spesso con esibizioni costruite ad hoc per essere commentate a colpi di hashtag su X (ma i tempi di chi? Dei giovani o dei «dinosauri» della Meglio Gioventù?). E questi, ahimé, sono sempre più rari. O, quantomeno, non hanno la genuinità dei tempi di Cavallo Pazzo…