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Joker, una risata nella notte della ragione
Se il mondo provasse a guardarsi allo specchio alla fine di una brutta giornata, per un attimo, lo vedrebbe. E non importa quale vedrebbe. Se quello dei film o dei fumetti, con la faccia di Jack Nicholson, Heath Ledger o Joaquin Phoenix. La maschera prima dell’individuo, il personaggio prima delle persone, delle matite e dei copioni. Alla fine Joker, il cattivo forse più famoso e ben riuscito di ogni tempo, il celebre antagonista di Batman ma ormai rilucente di buio proprio, è diventato più grande di se stesso. È uscito dalle storie ed è entrato nella Storia. Quella vera. Abita con noi, il Joker.
Qualcuno ha provato a nobilitarlo, anzi a nobilitare tutta la baracca, vestendo Batman della dignità di «archetipo totemico» e facendo coincidere il clown con il Matto dei Tarocchi, l’arcano senza numero, il caos primigenio da cui tutto si origina e in cui tutto, fatalmente, si riassorbe. E giù filosofie ed esoterismi. Bel tentativo, molto suggestivo. Ma sfortunatamente poco calzante. Il Joker non può essere astratto dal tempo in cui opera. E non solo perché in alcuni albi incrocia concretamente le forze storiche (fino a diventare ambasciatore dell’ayatollah Khomeyni alle Nazioni Unite) ma soprattutto perché egli appartiene di diritto al nostro mondo. Ha cittadinanza, ne è un figlio diretto. È la risposta al delirio razionale in cui siamo immersi. Abitiamo un «sistema» di scienze tristi, religioni tristi e passioni tristi. L’economia e la tecnologia - le glaciali colonne che tutto reggono - sono solo numeri.
E i numeri non ridono, come pure gli algoritmi. Vangeli alla mano non ride nemmeno Gesù, nemmeno una volta. Quanto al dio dell’Antico Testamento neanche a parlarne: diversamente dagli dei pagani, non solo non ride ma non si può neanche ridere con lui o, peggio ancora, di lui. Nella contemporaneità immusonita tutto dunque è calcolo, controllo, opportunità. Tutti hanno un «piano». Ce l’ha Dio, ce l’hanno i banchieri, gli scienziati, i politici, gli uomini e le donne comuni. Il Joker, invece, ride sempre e soprattutto un piano non ce l’ha («Sembro davvero un tipo con un piano? Sono un cane che insegue le macchine e se ne prendessi una non saprei che farmene»). Fa piuttosto, come tutti i pagliacci, «collezione di attimi» per citare Heinrich Böll.
Si dispiega in una dimensione orizzontale da puro agente del caos. Lo ama perché «equo», uguale per tutti, un po’ come la legge di cui è ennesima parodia. Nulla ha valore, tutto è improvvisazione, casualità. Diversamente da quanto si possa ritenere, non vuole nemmeno uccidere Batman («cosa faccio senza di te? Tu completi me»), semplicemente desidera spingerlo oltre i suoi limiti morali (uno su tutti, non uccidere). Limiti che non sono stati dettati da qualche entità celeste ma che l’uomo si è razionalmente auto-imposto per organizzare la convivenza civile e che Joker quotidianamente minaccia di far saltare. Non ci riuscirà col pipistrello, ci riuscirà con Superman in un altro celebre albo. Viene facile richiamare la pellicola Un giorno di ordinaria follia (1993) di Joel Schumacher e il cambio menu del McDonald’s che prevede l’impossibilità di erogare la colazione oltre le 11.30 perché quella è l’ora del pranzo. Eppure le colazioni sono ancora lì. Ma non si possono dare.
Politiche dell’azienda, questione di organizzazione. L’insostenibile pesantezza della razionalità che si rovescia nella sua nemesi: il clown ridanciano e completamente irrazionale. Senza piani, senza perché, senza finalità. Non è nemmeno una rivoluzione, la sua. Avrebbe almeno una direzione in questo caso. Siamo oltre il «disagio delle civiltà» di Freud. È un agitarsi febbrile, insensato, inconcepibile per una società che ha fatto del calcolo e dello scopo la sua ragion d’essere. «Nessuno vuole bene a un clown a mezzanotte» scriveva Stephen King. Ma forse solo perché quel clown che avanza nel buio è il rovesciamento di noi stessi, l’emersione di quella «parte maledetta» alla Bataille che vediamo sporcare di sangue le nostre cronache: fatti inspiegabili, delitti senza movente, «non so perché l’ho fatto».
L’uomo illuminista, con i suoi nipotini woke, credeva di aver razionalizzato le coscienze, tumulato dio e bonificato il mondo. Ma nella sua mezzanotte è destinato a trovarsi davanti il Joker. L’ha creato lui, c’è poco da piangere. Piuttosto ridi, pagliaccio.