Arte

Quel naso di bugie caro all’umanità

Rossella Cea

L’esperienza artistica di Jim Dine

Con Gianluigi Toccafondo iniziò quella deformazione dai toni accesi che assume moderne sembianze psichedeliche. Sergio Traquandi, invece, ne ha fatto quasi un bullone umano, mentre Mimmo Paladino, dal canto suo, l’ha imbrigliato in lacci esistenziali da cui sembra faccia molta fatica a liberarsi. E che dire delle inquietanti rotture del fumettista Ivo Milazzo? Tanti sono gli artisti che nella storia hanno reso omaggio a un personaggio che nell’immaginario collettivo è diventato simbolo universale dell’esperienza umana. Ma è nell’opera di Jim Dine che osserviamo una sovrapposizione di senso e forma tra le più interessanti dei tempi nostri.

La «Storia di un burattino» comparsa nel 1881 terminò con l’impiccagione del protagonista, ma Collodi fu costretto dai piccoli lettori a resuscitarlo, trasformandolo da burattino in bambino. Scelta determinante e profondamente evocativa che ne decretò il successo planetario. E così fu il Pinocchio: bugiardo per eccellenza, dal naso che si allunga a ogni bugia ad esprimere il desiderio di poter sognare senza censure o limiti, rifiutando le dure verità di un secolo difficile da attraversare, fatto di paure, stravolgimenti, contraddizioni e cambiamenti radicali.

Tradotto in più di 200 lingue, in oltre 140 anni, il senso di un personaggio che dall’immaginario infantile è passato a rappresentare la semiotica di una molteplicità di complesse istanze che hanno poi travalicato la genuinità iniziale con cui Collodi lo aveva creato, lasciando una traccia indelebile nell’animo degli artisti, grazie alla sua natura camaleontica e scanzonata.

«Sono cresciuto in casa di mio nonno che aveva un negozio di ferramenta e vivo circondato da utensili da quando avevo due anni. Attrezzi che fanno parte di me, ma sono anche metafore della mia vita e della mia arte» ha dichiarato il poliedrico artista pop statunitense Jim Dine, anche scenografo, scultore e scrittore, da sempre affascinato dal celebre burattino di legno. Nato a Cincinnati, Ohio, nel 1935, dopo gli studi universitari si è trasferito a New York City, interessandosi fin da subito alle suggestioni della Pop Art.

All’attivo, dopo la prima del 1960, quasi 200 mostre personali, tra cui tre importanti retrospettive museali. Le sue opere sono presenti in numerose collezioni private e pubbliche negli Stati Uniti e in tutto il mondo. Sulla formazione di Dine hanno esercitato una forte influenza la madre, morta quando lui era dodicenne e il nonno.

Crescendo l’artista ha acquisito consapevolezza di sé come artigiano creatore, che ha ricevuto lo straordinario dono della manualità, idealizzando per tutta la vita i magici utensili in grado di dare forma ai suoi sogni: «Mia madre è morta quando ero ancora un ragazzino, ma la sua passione per il cinema mi ha fortemente influenzato. Quando avevo sei anni mi portò a vedere il Pinocchio di Walt Disney. Una versione molto edulcorata della storia di Collodi, ma che conteneva delle scene che mi hanno profondamente segnato».

A connotare quindi la sua esperienza questo duplice aspetto, attraverso cui si identifica in un primo momento con quel burattino/bambino ingenuo, bugiardo e credulone, e in un secondo momento con l’artigiano che regala aneliti di vita. L’artista che crea il mondo e l’arte materia costitutiva dei sogni, in grado di salvarlo. Ed ecco che, l’esperienza soggettiva si oggettivizza, e tralasciando l’interpretazione un po’ troppo superficiale che è stata data di alcuni suoi lavori, si affacciano in numerose sue sculture, disegni e pitture il senso e il valore profondo di questa trasformazione, nel turbine cromatico che rappresenta il suo Pinocchio.

Nei toni sfumati del suo volto riconosciamo quel naso fatto di bugie tanto caro alla nostra umanità sofferente e sognatrice, ma anche i caratteri indistinti delle inquietudini di un Bacon, per esempio, nella quale indefinitezza un qualsiasi volto umano di oggi potrebbe facilmente riconoscersi. Per Dine, in ultima analisi, ciò che conta davvero è questa incredibile capacità creativa e divina insita nell’uomo. Trasformare il nulla in essere vivente è principio d’alchimia.

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