La sentenza
Taranto, la scure della Consulta: «Il decreto Ilva incostituzionale»
Il provvedimento del 2015 che consentiva prosecuzione attività d’impresa. I giudici: bilanciare sia le esigenze di tutela dell’ambiente, della salute e dell’incolumità dei lavoratori, sia le esigenze dell’iniziativa economica e della continuità occupazionale
TARANTO - Tre anni dopo la morte di Alessandro Morricella, il 35enne operaio dell’Ilva che fu investito da una fiammata, mista a un getto di ghisa incandescente, mentre misurava la temperatura del foro di colata dell’Altoforno 2, la Consulta dichiara incostituzionale il decreto del governo che consentiva la prosecuzione dell’attività di impresa nonostante il sequestro disposto dall’autorità giudiziaria. La Corte ha ritenuto che il legislatore abbia privilegiato unicamente le esigenze dell’iniziativa economica e sacrificato completamente la tutela addirittura della vita, oltre che dell’incolumità e della salute dei lavoratori. L’azienda in amministrazione straordinaria dichiara tuttavia di non temere alcun contraccolpo sulla continuità dell’attività produttiva «in quanto la restituzione dell’Altoforno 2 è stata ottenuta da Ilva nel settembre 2015 non in base al decreto oggi dichiarato illegittimo, ma in forza di un provvedimento della Procura che, accogliendo un’istanza della società, ha restituito l’impianto condizionatamente all’adempimento di determinate prescrizioni in materia di sicurezza, poi attuate».
Uno dei commissari straordinari dell’Ilva, Enrico Laghi, ha spiegato che l’azienda scelse di percorrere la «via ordinaria prevista dal codice di procedura penale. Le norme del decreto dunque avrebbero rappresentato solo una soluzione alternativa, che non è stata però perseguita. Per questo motivo non c'è nulla da temere per Ilva dalla sentenza della Corte Costituzionale». Il decreto del 2015, pur in presenza di un sequestro giudiziario, disponeva la prosecuzione dell’attività di impresa in stabilimenti di interesse strategico nazionale alla sola condizione che entro trenta giorni la parte privata approntasse un piano di intervento contenente «misure e attività aggiuntive, anche di tipo provvisorio», non meglio definite. La sentenza della Consulta dichiara illegittimi sia l’articolo 3 del decreto-legge 4 luglio 2015, n. 92 (per l’esercizio dell’attività d’impresa di stabilimenti industriali di interesse strategico nazionale) sia gli articoli 1, comma 2, e 21-octies della legge 6 agosto 2015, n. 132 (misure urgenti in materia fallimentare, civile e processuale civile e di organizzazione e funzionamento dell’amministrazione giudiziaria).
Il decreto del governo fu emesso dopo l’incidente costato la vita ad Alessandro Morricella, operaio-calciatore (giocava nella formazione di futsal di Locorotondo), che riportò ustioni di terzo grado sul 90 per cento del corpo. Il sostituto procuratore Antonella De Luca ha già chiesto il rinvio a giudizio di 7 imputati (6 persone fisiche, tra dirigenti, capi area e capi turno, e la società Ilva) con l’accusa di omicidio colposo. Secondo il magistrato inquirente, non avrebbero valutato l'evoluzione dei sistemi di protezione consentendo che l'operazione di prelievo della temperatura della ghisa avvenisse ancora manualmente attraverso l’utilizzo di un’asta munita di un dispositivo da immergere nel liquido a una temperatura di circa 1500 gradi. Il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano ha accolto con soddisfazione la decisione della Consulta auspicando che «adesso che la Corte Costituzionale possa al più presto riesaminare tutti gli altri decreti che consentono all’Ilva ed ai suoi gestori di continuare a inquinare senza pagare risarcimenti e senza rispondere ai giudici». (di Giacomo Rizzo, ANSA)