il nodo di acciaio

Vendita dell’Ilva Ue fa fuori Marcegaglia

Emma: «Ma confermiamo i contratti di fornitura»

di MIMMO MAZZA

TARANTO - Passi avanti verso l’acquisto dell’Ilva da parte di Am InvestCo, società della quale è azionista di maggioranza Arcelor Mittal. Passi avanti illustrati ieri a Bruxelles da Emma Marcegaglia, proprietaria dell’omonimo gruppo azionista al 15% di Am InvestCo.

«La Commissione europea aveva chiesto dismissioni molto forti ad Arcelor Mittal un po’ su tutto, sulla parte a caldo, sullo zincato e la trasformazione a freddo, e ha chiesto anche la nostra uscita», ha detto la Marcegaglia, sottolineando quindi che i nuovi impegni formalmente presentati dai due gruppi per rispondere alle preoccupazioni di concorrenza sollevate da Bruxelles sono «molto forti» e «molto, molto ampi». Da qui l'auspicio che, entro il 23 maggio - nuova scadenza fissata dall’Antitrust Ue per dare o meno l’ok all’operazione Ilva - Bruxelles possa chiudere positivamente la sua analisi del caso. Dalla cordata si sfila dunque il gruppo Marcegaglia che «però mantiene - ha spiegato Emma Marcegaglia - quella che per noi era la parte più strategica, il contratto di acquisto di materia prima a lungo termine». A dicembre scorso Mittal ha firmato un accordo «non vincolante» per l’entrata in Am InvestCo di Cassa Depositi e Prestiti con una quota pari al 5,6% per un controvalore di 100 milioni di euro. Un altro 7,5% delle  quote Marcegaglia (che in totale aveva il 15%) andranno, invece, a Intesa San Paolo. Passi in avanti che, però, secondo la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager non sono ancora sufficienti. Parlando con i giornalisti, la Vestager ha detto che sull'Ilva «cerchiamo di fare progressi ogni giorno, perché c'è una scadenza da rispettare», ma «ancora non ci siamo. La prima fase è stata molto breve, la seconda è più lunga ma c'è comunque una scadenza», dobbiamo «ancora vedere come risolviamo, ma stiamo lavorando a stretto contatto con le parti per vedere come risolvere».

Sul fronte europeo, va sottolineato che sempre ieri il Codacons oltre a presentare una richiesta di sequestro conservativo di 7,2 milioni di euro ai danni della famiglia Riva alla corte d’assise di Taranto (sequestro che secondo i proponenti dovrebbe essere finalizzato a garantire ai cittadini di Taranto un risarcimento finalizzato a finanziare approfondite indagini epidemiologiche sulla popolazione), ha anche inviato una lettera con la quale chiede di non consentire il trasferimento del complesso aziendale Ilva ad Am InvestCo alle condizioni stabilite dal governo Gentiloni e di imporre allo Stato italiano di mettere in atto gli interventi ambientali necessari per la messa in regola dell’impianto. Sull’esclusione del Codacons dal tavolo delle trattative pende, peraltro, ricorso al Consiglio di Stato con udienza fissata per il prossimo 28 marzo.

Ieri, intanto, nuovo round nel processo «Ambiente svenduto» chiamato a fare chiarezza sul presunto disastro ambientale provocato dall’attività dello stabilimento siderurgico Ilva negli anni della gestione-Riva (1995-2013). I tre i consulenti nominati dal gip Patrizia Todisco per valutare gli effetti sulla salute degli operai e dei tarantini delle emissioni del siderurgico hanno sostanzialmente confermato gli esiti della perizia. Dopo Francesco Forastiere (sul quale pende una richiesta di ricusazione del collegio di difesa il cui esito sarà noto nei prossimi giorni) e Annibale Biggeri, ieri è stata la professoressa Maria Triassi, a sottoporsi all’esame e al controesame. Secondo gli esperti, nei 7 anni presi in considerazione, sarebbero stati 174 i decessi avvenuti a Taranto e in particolare nei quartieri Tamburi e Borgo, nei quali è stato registrato il quadruplo di mortalità e il triplo di ricoveri per malattie cardiache rispetto all’intera città. La difesa dei Riva ha eccepito l’utilizzo da parte della Triassi di tre ausiliari, la cui identità non era mai stata comunicata alle difese e che il perito abbia giustificato i limiti del suo elaborato con i tempi ristretti concessi dal gip per l'espletamento dello stesso. Prossima udienza il 28 marzo per l’esame di altri tre testimoni.

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