Monica Laera, moglie del boss
«Ho aggredito la giornalista Ho sbagliato. Ecco perchè»
di ANNADELIA TURI
«Dal portone le ho detto: basta, basta, non è il momento. E lei: così me ne devo andare? Voleva conoscere a tutti i costi la storia mio figlio. E io non c’ho visto più. A quel punto sono uscita e le ho dato una spinta». Quattro giorni dopo l’aggressione alla giornalista del Tg1 Maria Grazia Mazzola, Monica Laera racconta l’epidosio alla Gazzetta.
Per tutti lei è la moglie del boss Lorenzo Caldarola. Non che le piaccia particolarmente quell’etichetta, ma la storia di suo marito è ben nota. La vicenda, in ogni caso, è tutt’altro che chiusa. La collega Mazzola avrebbe già formalizzato denuncia querela per minaccia e lesioni, anche se finora alla signora Laera non è giunta alcuna notifica ufficiale.
Ma cosa è successo quel maledetto pomeriggio?
«Era ed è un momento difficilissimo. Ho perso da pochi giorni forse la donna più importante della mia vita. Perché mamma l’ho persa che ero bambina, e mia nonna mi ha fatto praticamente da madre. Mi ha cresciuta, mia nonna per me era tutto, è stata sempre al mio fianco. Stava male da tempo e so io quello che ho passato. Lunedì l’avevano dimessa dall’ospedale – continua Monica Laera - e nella notte tra giovedì e venerdì è morta. L’ho vista morire in casa mia e per questo sto soffrendo tanto. Sapevo che c’era la manifestazione al Libertà – aggiunge - alla quale partecipava don Ciotti e io avevo questa tragedia a casa. E nella testa. Volevo stare vicino a mia nonna, non m’interessava nient’altro».
Poi?
«Stavo in casa accanto a mia nonna e fuori c’erano i miei parenti. Lei è entrata nel portone e ha chiesto informazioni sulla “moglie del boss”. Mia zia ha risposto: chi è la moglie del boss? La giornalista ha replicato: la moglie di Lorenzo Caldarola. Puoi chiamare tua nipote? A quel punto mia zia le ha detto che non potevo uscire perché stavo male. La giornalista ha insistito: potete chiamarla? Voglio sapere la storia del figlio. Mia zia ed altre persone le hanno spiegato che non era il momento adatto per parlare ma la giornalista ha insistito. Per circa venti minuti ha continuato a chiedere di me fino al punto in cui mia zia è stata costretta a chiamarmi».
A quel punto lei è uscita e l’ha aggredita.
« No, io in quel momento sono uscita e ho iniziato a parlarle. Le ho detto: sì, sono io la moglie di Lorenzo ma adesso non è il momento per raccontarti la storia. Chiudiamola qua, le ho detto. Lei ha continuato ad insistere. Io sto male e lei insiste. Allora mi sono girata per rientrare a casa e la giornalista mi ha chiamata ancora una volta. Ero esasperata. Ho avuto quella reazione».
Ha sbagliato, non crede?
«Credo di sì. Ma il dolore che si prova quando muore qualcuno caro è grande. La giornalista doveva avere rispetto per il mio dolore. So che lei stava facendo il suo dovere come tutti i giornalisti ma quello non era il contesto adatto. Se fosse venuta un altro giorno avrei anche potuto farla l’intervista. Questo è un momento particolare per me. Non sto bene fisicamente e ho tanti problemi… Poi in questi giorni non si fa altro che parlare della mia famiglia... E le cose anche su questo fronte sono difficilissime».
A spiegare «le cose» è l’avvocato Attilio Triggiani. «Il figlio della signora Laera è stato trovato in possesso di una piccola quantità di sostanze stupefacenti che il giudice ha ritenuto fosse per uso personale tant’è che ne ha disposto scarcerazione e assoluzione. Se si fosse trattato di un altro ragazzo non avrebbe fatto così tanto notizia».
Ma, torniamo all’aggressione. E allo sdegno che quello schiaffo ha sollevato.
«Ho dato quello schiaffo ma non è vero che l’ho dato alla città o almeno non era quello il mio intento. È un episodio che è accaduto ma non c’entra nulla con le questioni legate al quartiere. Per me essere etichettata come la moglie del boss, per strada e davanti ad altre persone, non è affatto bello. È vero mio marito ha sbagliato ma quel marchio è brutto, mi fa male. La giornalista avrebbe potuto chiedere della signora Caldarola piuttosto che della “moglie del boss”».
E suo figlio? Anche lui è entrato nel «giro».
«Per lui voglio il meglio e ce la sto mettendo tutta, non voglio che mio figlio faccia gli errori del padre e del fratello. Io immagino per lui un futuro sereno come ogni mamma del mondo. E m’impegnerò affinché questo accada. Quando ha sbagliato l’ho sempre rimproverato. Sto facendo il massimo per aiutarlo».