era accusato di abuso d'ufficio
La Cassazione annulla senza rinvio la condanna del consigliere Amati
BARI - La Cassazione ha annullato senza rinvio la condanna a sei mesi di reclusione per tentato abuso d’ufficio a carico del consigliere regionale Fabiano Amati. La decisione risale al 22 novembre ma è stata resa nota ieri: «Ho preferito - ha detto l’esponente Pd - mantenere un profilo molto basso».
La vicenda risale al 2008. Amati, all’epoca consigliere comunale di Fasano, assieme all’allora sindaco Lello Di Bari fu accusato di aver favorito alcuni parenti nella redazione del piano di recupero del centro storico, di cui era stato delegato a occuparsi pur essendo un esponente dell’opposizione. A febbraio 2014, Amati fu condannato in abbreviato dal gup di Brindisi a un anno e otto mesi per falso ideologico e abuso d’ufficio, a fronte di una richiesta di tre anni e due mesi da parte del pm Valeria Farina Valaori. In appello, a gennaio 2015, Amati era stato assolto dal falso ideologico, mentre per l’abuso d’ufficio, ritenuto solo tentato, la condanna è scesa a otto mesi.
Nel frattempo, a maggio 2014, per Amati era scattata la sospensione in base alla legge Severino, contro cui il consigliere regionale Pd ha portato avanti un’altra battaglia che lo ha portato ad ottenere, a gennaio 2015, una pronuncia favorevole dalla Corte d’appello di Bari in attesa della pronuncia della Consulta (la Severino è stata poi ritenuta legittima).
Ora la Cassazione (Amati era difeso dagli avvocati Vittorio Manes e Massimo Manfreda) ha dunque annullato senza rinvio anche la residua condanna a sei mesi, cancellando del tutto le accuse e dunque anche quella sospensione dai banchi del Consiglio regionale. In attesa delle motivazioni, è ipotizzabile che i giudici abbiano valorizzato la linea di difesa del consigliere regionale brindisino: ovvero che gli atti urbanistici assunti dal Comune di Fasano erano legittimi, tanto da superare per ben due volte l’esame dei tribunali amministrativi, e che in ogni caso i parenti di Amati non hanno ottenuto alcun vantaggio patrimoniale dall’approvazione del piano di recupero del centro storico. [m.s.]