tra fumi e dubbi
Trani, sigilli alla discarica «che brucia sempre»
Il sito in contrada monachelle. La causa dell'incendio potrebbe essere stato lo smottamento del materiale abbandonato
di NICO AURORA
TRANI - Potrebbe essere stato uno smottamento la causa dell'incendio del materiale abbandonato in una cava dismessa in contrada Monachelle, nei pressi della vecchia discarica comunale e del parco di Santa Geffa, che continua a rilasciare fumi da almeno due settimane. La presenza di una evidente crepa sulla bocca della cava sembra lasciare intendere la circostanza per cui, al momento del cedimento, si sarebbe infiltrato dell'ossigeno che avrebbe determinato, attraverso un innesco probabilmente casuale, l'incendio del materiale sottostante.
IL SEQUESTRO - Cosa stia bruciando però, per il momento, è impossibile affermarlo. Lo scorso 27 settembre i carabinieri della Compagnia di Trani hanno effettuato il sequestro preventivo dell'area, nell'attesa di ulteriori accertamenti. Nelle ultime ore la Procura della Repubblica di Trani ha convalidato il sequestro ed aperto un fascicolo contro ignoti, e questo è accaduto dopo un sopralluogo dei carabinieri del Nucleo operativo ecologico, eseguito con l'apporto dei tecnici dell'Arpa Puglia, che hanno già effettuato i primi prelievi prelievo per le conseguenti analisi.
IL SOPRALLUOGO - Nei giorni precedenti al sequestro vi era stato un sopralluogo dell'assessore all'ambiente, Michele di Gregorio, per una prima sommaria valutazione dell'eventuale tasso di nocività dei fumi rilasciati. «Le esalazioni - spiega il delegato del sindaco - si avvertono soltanto a seconda dello spostamento del vento e, laddove questo non spiri, anche nelle immediate vicinanze della cava, non si avverte particolare disagio. Ciononostante, la percezione olfattiva non è gradevole e merita tutti gli approfondimenti dal caso».
LE IPOTESI - Allo stato, quello che si può ipotizzare è che al di sotto di quella crepa, che potrebbe essersi creata anche a causa anche di un lieve evento sismico, sarebbe presente un non meglio precisato materiale che continua nella sua autocombustione. E questo lascerebbe immaginare che si tratti di una quantità non trascurabile di rifiuti, non meglio precisati: potrebbe trattarsi di solventi, copertoni, ma anche rifiuti solidi urbani avvolti in buste di plastica. E basterebbe la sola plastica a determinare quell'effetto sia olfattivo, sia cromatico. È quello che si evince dalla colorazione nera di una pietra prelevata dal luogo prima del sequestro, e che sembrerebbe cosparsa di catrame o pece, o comunque materiale rilasciato dalla prolungata combustione che si sta verificando in quel sito.
L'ACCESSIBILITÀ - Quanto questa vecchia cava sia accessibile ad automezzi, anche di grosse dimensioni, è tuttora difficile da stabilire. È invece facile notare che, nelle vicinanze dei focolai, che sarebbero almeno quattro o cinque, vi sono materiali di risulta di colore bianco, che appaiono di recente stoccaggio. E questo porterebbe a ritenere che le attività di conferimento illecito di rifiuti di vario tipo siano proseguite almeno fino a quando non sono iniziati i roghi ed il sito, grazie alla segnalazione di un cittadino, Antonio Mondelli, è stato localizzato e adesso è oggetto di indagini.
A distanza di poco più di due anni dal caso della «cava dei veleni» di contrada Profico, nei pressi della Strada provinciale 168, nella quale risultano abbancate tonnellate e tonnellate di rifiuti solidi urbani, si può immaginare che, anche in questo caso, si sia in presenza di qualcosa di simile ma, probabilmente, di più complesso da affrontare: lì fu sufficiente un'opera di sbancamento, attraverso ruspe, per spegnere i roghi; qui servono indagini preliminari accurate, per escludere la presenza di elementi tossici, così da intervenire materialmente sulla messa in sicurezza della cava.
Nel frattempo, proprio i carabinieri hanno individuato i proprietari del sito, ma è stretto il riserbo sulle loro generalità ed eventuali coinvolgimenti nella vicenda. Di certo, i militari non stanno lasciando nulla al caso nelle indagini sulla sempre più delicata questione. « Ci auguriamo tutti di poter escludere qualcosa di grave - conclude di Gregorio -, ma dobbiamo verificarlo in maniera scientifica, corretta ed esatta per il rispetto della salute delle persone».