«tu non conosci il sud»
Sì, i sogni nascono a Mezzogiorno
Si terrà a Bari domani sera, giovedì 27 luglio alle 20.30, la presentazione del libro «Andare per i luoghi del cinema» di Oscar Iarussi, giornalista e critico cinematografico della «Gazzetta», uscito di recente per i tipi del Mulino (pagg. 176, euro 12,00). L’incontro, ultimo appuntamento della rassegna «Tu non conosci il Sud - E la chiamano estate 2017», a ingresso libero e gratuito fino a esaurimento dei posti disponibili, si svolgerà sulla Terrazza della Biblioteca Santa Teresa dei Maschi - De Gemmis (strada Lamberti, 4, a Bari Vecchia).
«TNCIS - Andare per i luoghi del cinema» è il titolo della serata che vedrà conversare, insieme all’autore, il produttore cinematografico Domenico Procacci e l’editore Alessandro Laterza. Il libro è un percorso attraverso le città del cinema in Italia che fa tappa anche a Napoli, Bari, Matera, Palermo alla ricerca di quanto il Sud è e ha nell’immaginario ma anche nella «macchina» del cinema. A introdurre la conversazione sarà Francesca Pietroforte, delegata ai Beni Culturali della Città Metropolitana di Bari.
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di ALESSANDRO LATERZA
Prendendo in mano il volume «Andare per i luoghi del cinema» di Oscar Iarussi, per i tipi del Mulino (nella collana «Ritrovare l’Italia»), immediata sorge la tentazione di ribattezzarlo La notte di Oscar. Non solo per pizzicare affettuosamente l’autore, di cui ben conosciamo le doti di fine saggista, critico cinematografico, giornalista di cultura. Ma anche perché è ben difficile (lo dichiara lui stesso) stabilire quali e quante siano le città del cinema nel Belpaese e - ancor più - come attraversarle senza affondare in un noioso affastellamento di dati e date. E, se l’operazione è riuscita, come io penso, si deve al rinnovarsi di una sorta di ciceroniano Somnium Scipionis in cui Iarussi ha avuto una visione onirica, simultanea, profonda, di un oggetto complesso: visione non già, come Scipione Emiliano (nipote adottivo di Scipione l’Africano e non parente dell’attuale governatore pugliese), del cosmo e della Via Lattea dei politici virtuosi, ma dell’intreccio policentrico, stratificato, delle tante sedi, anime e storie del cinema italiano.
Le città passate in rassegna sono dieci: Torino, Milano, Venezia, nel Nord Italia; Bologna e Firenze, al Centro; Bari, Matera, Napoli, Palermo, al Sud. E infine, in conclusiva posizione di rispetto, la città capitale del cinema per definizione: Roma. Per ognuna, una chiave di lettura diversa. Inutile recensire le soluzioni adottate per trattare ogni itinerario: per stabilire, per esempio, se è giusto esordire su Milano con Totò, Peppino e... la malafemmina (Camillo Mastrocinque, 1956) o arrivare al capolinea su Napoli con il cartoon L’arte della felicità (Alessandro Rak, 2013) e la casa di produzione di produzione «Mad Entertainment» di Luciano Stella. Come dice giustamente Iarussi nella premessa, le presenze e le mancanze, i percorsi, fanno parte del gioco per cinefili pugnaci sempre pronti «al duello all’arma stanca». Anzi, fanno parte del gioco della lettura di un volume di tal fatta.
Interessante è invece dare evidenza a una dimensione che nel libro resta implicita. Che cosa ci dice la geografia e la storia del cinema su quello che è l’Italia di oggi? A Torino che fu la protocapitale del cinema italiano c’è - incapsulato nella Mole Antonelliana - il grande, bello e oggi minacciato, Museo del cinema. A Venezia, effimera capitale del cinema repubblichino di Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, dal 1932 si celebra la Mostra internazionale di Arte cinematografica nel quartiere del Lido. A Bologna dall’antica Commissione Cinema del Comune è nata la Cineteca e poi la Fondazione Cineteca di Bologna con oltre 70.000 «pezzi» custoditi nella Cittadella dell’Audiovisivo. Firenze è un po’ scarsina, ma può vantare almeno la presenza dell’Istituto e soprattutto dell’archivio Tarkovskij e le memorie controverse di casa Cecchi Gori. A Milano non ci sono istituzioni rilevanti: ma Milano è la base del gruppo Mediaset che incide potentemente sul cinema in modo diretto (attraverso «Medusa Film», che ha però sede a Roma) e indiretto (attraverso le reti televisive commerciali). Roma, tra mille problemi, è regina indiscussa: ha Cinecittà - sogno, oggi un po’ scalcinato, del regime fascista e dell’Italia del boom -, il Centro Sperimentale di Cinematografia, la Rai (con Rai Cinema) e soprattutto la Direzione generale Cinema del Mibact, quella che distribuisce fondi attraverso il tax credit.
E a sud di Roma? A sud di Roma nasce, specie negli ultimi 25 anni, molto cinema, a partire dall’Oscar di Nuovo Cinema Paradiso di Giuseppe Tornatore fino ai blockbusters di Checco Zalone e Gennaro Nunziante. Ma è tutta creatività e ispirazione d’esportazione; senza istituzioni e infrastrutture solide, a parte l’impallidito festival di Taormina, deprivato dei David di Donatello e dei Nastri d’argento, e la giocosa festa salernitana del Giffoni Film Festival. Napoli ci sta provando - è vero - ma è solo a un incerto esordio. Il Sud dunque è un generoso erogatore di energie, immagini, persone ma non trattiene nulla per sé che non sia destinato a un modesto autoconsumo provinciale o tutt’al più alla dimensione del marketing territoriale.
E nella nostra Bari? Beh, qui c’è proprio da pensare. A parte le pompe della Apulia Film Commission di vendoliana memoria, pare che abbiamo il complesso di uccidere i bambini nella culla. Nel 1988 si celebra la prima e unica edizione barese di «EuropaCinema», a cura di Felice Laudadio, con la prima mondiale - per intenderci - del succitato Nuovo Cinema Paradiso. Nel 2011 si celebra la prima e unica edizione di «Frontiere», a cura di Oscar Iarussi, dove il cinema si è mescolato con musica, teatro, fotografia, libri. Due successi (in)spiegabilmente affondati dalla politica locale. Bari - mi dicono - avrebbe potuto essere, nel prossimo novembre, sede della quarantesima edizione delle Giornate Professionali del Cinema, la più importante manifestazione nazionale di tutti gli operatori del settore. Pare però che l’ipotesi sia sfumata per mancanza di spazi adeguati. O forse per la nuova patologia allergica alle manifestazioni professionali (vedi il recente caso del «Medimex», in campo musicale) in una frenesia pop poco attenta alla produzione di immagine e soldi «veri».
Insomma, nelle righe del libro di Iarussi c’è da ritrovare anche questa lezione. Il Sud non coltiva i propri talenti e le opportunità che si manifestano. Produce magnifiche individualità e iniziative, ma non ha la forza di metterle a valore e, per quanto possibile, radicarle. Non produce futuro, almeno per chi a Sud rimane. La «linea della palma» di sciasciana memoria sale verso nord. La metafora, se applicata alla creatività culturale e non alle mafie, è positiva. Ma noi rischiamo di rimanere soli, abbracciati ai nostri ulivi bruciati dalla xylella, a contemplar le praterie di posidonia.