Il Piano concordatario Fs
Sud Est, il conto del saccheggio lo pagheranno solo i fornitori
MASSIMILIANO SCAGLIARINI
BARI - A pagare il conto più salato per il saccheggio di Ferrovie Sud-Est saranno i fornitori, quasi tutti imprese locali. Il gruppo Fs rimborserà i loro crediti per circa il 50%, non subito ma entro cinque anni, con una labile possibilità di recuperare qualche altro punto percentuale. È quanto prevede la proposta di concordato preventivo, così come illustrata ieri dai vertici di Fse, il presidente Luigi Lenci e l’amministratore delegato Andrea Mentasti: se il piano otterrà l’omologazione del Tribunale, con un investimento pari a circa 66 milioni di euro Fs si ritroverà in mano, pulita dai debiti, la più importante ferrovia privata d’Italia.
Nonostante le promesse di trasparenza Fse non ha ritenuto di dover diffondere il piano concordatario, limitandosi a fornire una serie di slide che raccontano una situazione parziale e a tratti fuorviante. Per avere il quadro completo bisognerà dunque aspettare qualche altro giorno. Nel frattempo, ci si può limitare a una serie di dati numerici che permettono di farsi un’idea sull’operazione.
A fronte di debiti al 12 gennaio (data di presentazione della domanda di concordato) pari a 318 milioni, la procedura ne soddisferà 268. Circa 82 milioni verranno pagati in prededuzione, cioè subito e per intero: oltre alle spese di procedura, ci sono i finanziamenti da restituire alla Regione per investimenti non fatti e le sanzioni per ritardi e cancellazioni (una quarantina di milioni in totale), oltre che i crediti commerciali sorti dopo il 12 gennaio. I crediti privilegiati (Bnl per la parte assistita da ipoteca e in minima parte i lavoratori), che verranno pagati per intero, ammontano a 61,2 milioni. Restano 59,9 milioni, a fronte di 124 milioni di debiti accumulati nei confronti dei chirografari, cioè soprattutto i fornitori (tra cui ci sono anche quelli sospettati dalla Procura di Bari di aver truffato l’azienda): otterranno il 48,1% del dovuto, e saranno pagati a partire dalla seconda metà di giugno 2019. Questa percentuale può crescere per via del recupero Iva, e se Fse otterrà altre risorse dalle azioni di risarcimento danni che ha già avviato o avvierà: l’azienda ottimisticamente ipotizza di poter arrivare al 60-65%.
Ma è più interessante ancora vedere con quali risorse verrà coperta la procedura. Dal 2017 al 2021, Fse conta di sviluppare un margine operativo lordo pari a 149 milioni di euro, pur avendo considerato - almeno così è stato raccontato ieri - l’impatto del mancato rinnovo del contratto per i servizi su gomma che scade alla fine del prossimo anno. Ne consegue la disponibilità netta di circa 113 milioni di euro per il pagamento dei debiti: a questi soldi vanno sommati i 70 milioni di contributo straordinario stanziati dal ministero delle Infrastrutture e 52,9 milioni di finanziamento annunciati dal gruppo Fs. Sommando i 14 già erogati da Fs per garantire la gestione corrente, si ottengono circa 66 milioni che - è stato spiegato ieri - verranno trasformati in aumento di capitale.
Fse è stata trasferita gratis al gruppo Fs dal ministero delle Infrastrutture, con l’impegno a «rimuovere lo squilibrio patrimoniale». Il risultato è che con un apporto di mezzi propri pari a 66 milioni (ieri è stato annunciato un impegno «fino a 150 milioni», senza chiarirne esattamente le modalità o il contesto), il gruppo Fs diventa proprietario di un’azienda che per stessa ammissione di chi ha illustrato il concordato dovrebbe produrre nei prossimi cinque anni un margine operativo lordo che varia tra i 27 e i 34 milioni di euro l’anno e che dunque ha un valore di mercato pari ad almeno quattro o cinque volte tanto. L’investimento di Fs (i 66 milioni) si ripagherà poi entro due o tre anni. Se non è l’affare dell’anno, poco ci manca.
In questo contesto, Fse ha annunciato la predisposizione di un piano industriale che dovrebbe chiarire le politiche strategiche di sviluppo: l’attesa compressione dei costi di produzione (dai 125 milioni di quest’anno ai 106 del 2021) lascia presagire interventi pesanti anche sul fronte dell’occupazione. Nello stesso tempo, l’azienda ha annunciato investimenti per 410 milioni da qui al 2021: 11 nuovi elettrotreni, 68 bus, raddoppio di binari, infrastrutture, tecnologie per la sicurezza. I 410 milioni, va detto, sono finanziati da risorse statali o regionali ed erano già tutti previsti in atti negoziali già sottoscritti. In alcuni casi i contratti risalgono addirittura all’ex amministratore Luigi Fiorillo, oggi indagato per bancarotta. Il gruppo Fs, al momento, non ci mette un centesimo. E il servizio resta quello di sempre.