La curatela avvierà l'azione
Crac Divania: «La banca restituisca 183 milioni»
«Addebiti sui conti Divania senza autorizzazione»
di Giovanni Longo
BARI - Sarà una delle cause civili più importanti avviate davanti al Tribunale di Bari. Da un lato la curatela fallimentare Divania. Dall’altro un colosso bancario come Unicredit. L’oggetto sono 183 milioni di euro di addebiti su conti correnti di Divania operati dalla banca senza autorizzazione, sostiene la curatela. L’ultima tappa della complessa vicenda giudiziaria fa davvero molto rumore. I curatori (professor Michele Castellano, dottoressa Dora Rizzi, avvocato Luigi Pansini) sono stati autorizzati dal giudice delegato al fallimento, Giuseppe Rana, ad avviare l’azione legale. Il principio, nell’ottica della curatela, è tutelare la massa dei creditori e garantire la parità tra loro.
Un’istanza delicatissima che è stata anche depositata dalla Procura nell’udienza preliminare in cui si sta discutendo sulla richiesta rinvio a giudizio nei confronti di 16 imputati, tra i quali spiccano i nomi degli ex amministratori delegati di Unicredit Federico Ghizzoni e Alessandro Profumo, oltre a manager e funzionari della banca, accusati di bancarotta fraudolenta.
Stando alle indagini condotte dai finanzieri del Nucleo di polizia tributaria del comando provinciale, coordinati dal pm Isabella Ginefra, Francesco Saverio Parisi, titolare di Divania, sarebbe stato ingannato e indotto a sottoscrivere 203 contratti derivati che, in pochi anni, avrebbero portato la società, che un tempo fatturava 70 milioni di euro e che dava lavoro a 430 persone, al dissesto e al successivo fallimento dichiarato nel 2011. Secondo l’accusa, ma, adesso, anche secondo i curatori fallimentari che hanno ottenuto il via libera per avviare un’azione civile nei confronti dell’istituto di credito, Unicredit avrebbe distratto dai conti dell’azienda oltre 183 milioni di euro per estinguere le posizioni debitorie relative ai presunti derivati «spazzatura». «Addebiti contabilizzati da Unicredit - scrivono i curatori - in assenza della relativa autorizzazione», riportando le conclusioni sul punto del consulente tecnico d’ufficio, il commercialista Antonio Roma. Circa 150 milioni di euro, più nel dettaglio, sarebbero stati contabilizzati in base a quanto previste dalle cosiddette «conferme di contratto», «ma in assenza della relativa autorizzazione di addebito in conto concessa da Divania», circa 34 milioni «risultano invece contabilizzati in assenza sia dell’autorizzazione di addebito in conto da Divania che delle relative conferme di contratto che non sono state rinvenute nella documentazione esaminata».
Nell’istanza, inoltre, i curatori riportano il contenuto di una annotazione della Guardia di Finanza di Bari dalla quale emergerebbe, appunto, la falsificazione di alcuni documenti allo scopo di giustificare gli addebiti in conto non autorizzati per oltre 62 milioni di euro, è la tesi. Di queste somme la curatela ora chiede «la restituzione, in breve tempo, alla massa dei creditori». L’udienza preliminare nell’ambito del parallelo procedimento penale proseguirà il 21 aprile con le discussioni dei difensori degli imputati. In quella occasione il giudice deciderà se acquisire agli atti del processo la nuova documentazione depositata dalla Procura.
Per gli stessi contratti in derivati, infine, Unicredit è stata condannata con due sentenze civili al pagamento nei confronti della curatela di circa 20 milioni di euro corrispondenti alle presunte perdite dovute agli investimenti in derivati. Il Tribunale ha riconosciuto «le gravi violazioni poste in essere» dall’istituto di credito «nella gestione dell’operatività in strumenti finanziari derivati che erano vietate dallo statuto sociale della società» sottoscritti dal titolare dell’azienda.