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Nel Foggiano: «Io Don Giovanni, da muratore a parroco esorcista»

 

Domenica 30 Novembre 2008, 10:30

16 Novembre 2024, 19:00

di LELLO VECCHIARINO 

CARLANTINO - Ci sono cose che accadono sempre un istante troppo tardi. Altre, invece, acca dono come e quando vogliono accadere: lo chiamano destino. Lo stesso destino che un giorno bussò alla porta di un muratore di Casalnuovo Monterotaro per tra sformargli la vita. Una vita grama come può essere la vita in uno dei paesi del Preappennino, soprattutto quando una madre e un padre devono sfamare otto bocche. «Quand’ero piccolo andavo in chiesa a servir messa, andavo pure a scuola, ma dopo la terza media ho dovuto lasciare per fare il muratore; prendevo tremila lire al giorno, una buona paga. Guadagnavo più di mio padre». 

Ora Giovanni Di Domenico ha 49 anni, la messa non la serve più. La dice, perché è parroco a Carlantino. Ma non è nato sacerdote, anzi: «Ho avuto i miei momenti di crisi, ma ad aiutarmi c’era sempre la fede, anche quando avevo preso a odiare i preti e a tenermi lontano da liturgie e giaculatorie. Divenuto piccolo imprenditore edile, prendevo lavori e non soltanto nella mia zona». La fede non lo ha mai abbandonato; nemmeno quella volta che si trovava a Cervia in compagnia di un amico albanese che lo spingeva al divertimento. 

Giovanni, invece, finiva di lavorare e andava a messa ogni sera. Erano i giorni in cui il giovane muratore casalnovese si interrogava sul futuro e se mettere su famiglia. Aveva conosciuto e frequentato tante ragazze, ma non sopportava il fatto che il sesso finiva per essere sempre la misura di ogni cosa. Tramite il suo amico conobbe una ragazza in Albania. «Al Si gnore chiesi di darmi un segnale: “Fammi conoscere la donna da sposare, prima che io compia quarant’anni”». Mentre erano in casa da soli, la ragazza si spogliò e s’infilò nel letto. Giovanni tentennò, ma decise di tenere alta la bandiera della sua virilità maschile. Racconta oggi: «Quella esperienza mi lasciò l’amaro in bocca. Capii che non ero fatto per il matrimonio». 

Si confidò col suo parroco: poteva essere nomi nato diacono permanente. Gli fecero avere un colloquio con l’allora vescovo Francesco Zerrillo; era il 7 dicembre 1998. Dopo aver lo ascoltato, il vescovo gli dice: «La tua strada è quella del sacerdozio». Giovanni rimase interdetto: non se ne sentiva degno. A quasi 40 anni mise per la prima volta piede in Seminario. Due ore dopo, un tragico annuncio angosciò le menti di tutto il mondo: era l’11 settembre del 2002…le Torri gemelle. 
Il 29 aprile 2006 Giovanni Di Domenico fu ordinato sacerdote. Ha cercato altri segnali, forse ha avuto un «dono», come dice lui, ma non ne vuol parlare. Don Giovanni è uomo massiccio, lo diresti un montanaro che ti fa ricordare le foto e i giornali che parlavano di don Lorenzo Milani, dei ragazzi di Barbiana e della Chiesa nuova che già odorava di Concilio. Anche lui, il parroco di Carlantino, ha la tonaca un po’ stazzonata, modi gentili parla sottovoce. Gli chiediamo perché mai non vuole parlare di quel «dono». 

Si schernisce, pare intimidito, eppure questo è un uomo che ha imparato a combattere con Belzebù. Ha scoperto a Medjugorje di essere temuto dal Diavolo perché una donna che in mezzo alla folla lo aveva casualmente toccato ha dato in escandescenze. Una ragazza di Roccaravindoli, posseduta da Asmo deo, il demone del sesso, durante un esorcismo parlava l’aramaico antico. Don Giovanni, però, di queste cose non vuol parlare.

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