acqua di puglia
Consorzi di bonifica, passa la riforma in Regione
di MASSIMILIANO SCAGLIARINI
BARI - È stata una battaglia di parole, giocata sul terreno di una valanga di quasi 300 emendamenti in buona parte ostruzionistici. La riforma dei Consorzi di bonifica si sblocca nella notte, e il muro eretto dal centrodestra - trascinato da Nino Marmo - regge soltanto fino al voto sull’articolo 9, quello sulla gestione dell’acqua: quando è chiaro che la maggioranza non avrebbe ceduto, grillini e Cor abbandonano l’aula e a far la guardia restano solo Marmo, Damascelli, Gatta, De Leonardis e Morgante..
Due erano - da mesi - i punti controversi: il consorzio unico «Centro Sud Italia» che raggruppa i quattro enti commissariati (Terre d’Apulia, Arneo, Stornara e Tara, Ugento Li Foggi), e il passaggio ad Aqp - seppur non immediato - della gestione dell’irrigazione, il vero buco nero dei Consorzi, da sempre utilizzata in maniera «allegra». L’Acquedotto subentrerà a dicembre 2018, dapprima per occuparsi solo della «direzione tecnica» degli acquedotti rurali attraverso una convenzione. Poi, se la verifica degli equilibri economici di settore dovesse risultare negativa, Aqp acquisirà direttamente dal Consorzio le strutture e il personale.
Il pressing del Pd (in particolare di Donato Pentassuglia) aveva dapprima costretto l’assessore all’Agricoltura, Leo Di Gioia, ad accettare un accordo con i sindacati per mettere nero su bianco il passaggio degli attuali dipendenti al Consorzio unico, ma anche per dare certezze agli operai a tempo determinato. A loro il commissario dovrà garantire 180 giornate annue di impiego, anche se non si capisce bene in che modo e - soprattutto - con quali soldi. È passato anche l’emendamento che affianca al commissario due vice, che dovranno essere espressione delle organizzazioni agricole che partecipano al partenariato del Psr: dovrà nominarli la giunta.
Anche le organizzazioni di categoria, però, hanno detto chiaramente che non condividono la riforma, spaventate in particolare dal nodo irrigazione. Oggi infatti l’acqua agricola è praticamente gratis, sia perché non è soggetta a Iva sia perché i Consorzi non sono certamente solerti nell’incassare: mancano i contatori, le tariffe sono determinate in un modo arcaico e irrisorio, e però le bollette elettriche (la voce di spesa più importante per l’esercizio dei pozzi e delle pompe) restano a carico delle casse pubbliche. L’idea di trasferire tutto ad Aqp, nata da Fabiano Amati e sostenuta dal Pd, nasce proprio dalla necessità di riportare tutto nell’alveo della normalità. L’opposizione sul punto però è stata durissima, con le opposizioni che ne hanno paventato l’incostituzionalità.
E così ieri (si è partiti direttamente con gli emendamenti, perché la discussione generale era stata già esaurita prima di Natale) è andata in scena la battaglia. Il solo articolo 1 aveva 26 emendamenti, e solo sul primo gli interventi hanno portato via quasi 40 minuti. Per l’ok al primo articolo ci sono volute due ore. Alle otto della sera il presidente del Consiglio, Mario Loizzo, ha disposto una sospensione per consentire una riunione dei capigruppo: in cambio del ritiro di 110 dei 150 emendamenti residui, la maggioranza aveva proposto di rinviare a martedì prossimo. Ma il tentativo non è andato a buon fine, e dunque si è deciso di continuare ad oltranza. Marmo ha poi ritirato gran parte degli emendamenti. Scintille sull’articolo 9, con le accuse di Bozzetti e Zullo alla maggioranza,