la nuova legge scompare dall'agenda
Consorzi di bonifica una riforma fantasma
Lobby contrarie a dare l'irrigazione ad Aqp
BARI - L’intesa politica prevedeva che la riforma dei Consorzi di bonifica fosse discussa nel primo Consiglio regionale del 2017. Invece non se ne farà niente. La seduta in programma il 10, salvo ripensamenti dell’ultima ora, non vedrà all’ordine del giorno quella che può essere ormai considerata come la legge più controversa della legislatura. Perché anche nella maggioranza c’è chi si oppone al via libera, temendo forse il malcontento delle organizzazioni agricole.
Il tema, infatti, non è tanto la riforma in sé dei Consorzi, con l’accorpamento dei quattro enti commissariati e la loro riorganizzazione. Il nodo della questione riguarda le gestione delle funzioni irrigue, che - secondo la relazione dell’ex subcommissario Russo - sono il vero buco nero di tutta questa vicenda. Il mancato degli oneri di bonifica (il tributo 630) crea ogni anno un buco di circa 9 milioni, ma almeno altrettanti mancano all’appello per la gestione degli invasi (3,78 milioni) e quella dei pozzi (5,55 milioni). Detto in altri termini: i Consorzi erogano l’acqua (e si fanno carico delle relative spese, compreso il pagamento delle «bollette» all’Ente irrigazione), ma gli agricoltori non mettono quasi mai mano al portafogli. E così, a fronte dei 210 milioni di debiti, solo il 38% è relativo alle bonifiche: tutto il resto è stato prodotto dalla gestione dell’irrigazione e degli acquedotti rurali.
L’aspetto relativo al contributo di bonifica è stato risolto, almeno per la parte corrente. Per l’acqua, invece, l’idea della riforma è di trasferirne la gestione ad Acquedotto Pugliese, che dovrà sovraintendere e soprattutto dovrà occuparsi di emettere le fatture. A differenza dei Consorzi, che si girano dall’altro lato, Aqp ha gli strumenti e le procedure per farsi pagare. E questo, ovviamente, crea malcontento tra gli interessati.
La lobby dell’agricoltura è importante e molto potente, e può contare su forti addentellati in Consiglio regionale. Le organizzazioni di categoria hanno fatto pressioni sull’assessore Leo Di Gioia, che sul punto ha adottato un atteggiamento laico: le decisioni sui contenuti della riforma sono state demandate al Consiglio. Il testo licenziato a dicembre dalle commissioni resta però chiuso nei cassetti. L’unica arma per resuscitarlo sono i 15 milioni di contributi della Regione, ancorati all’approvazione della riforma. È stato così anche nel 2016, poi però la giunta ha ceduto sotto il ricatto degli stipendi non pagati ai dipendenti. Ma quest’anno il braccio di ferro sarà ancora più duro. [m.s.]
aveva 87 anni