Anna Maria Curcuruto

L'assessore all'Urbanistica condannata dalla Corte dei Conti

BARI - Tutto è cominciato con una lettera anonima planata 4 anni fa sulle scrivanie della Corte dei Conti. Parlava di un incarico professionale che la allora dirigente del Comune di Bari, Anna Maria Curcuruto, aveva ottenuto dal Comune di Monopoli per la redazione del nuovo piano urbanistico generale. Un incarico che, secondo i giudici contabili, non era stato preventivamente autorizzato dall’amministrazione di appartenenza: per questo la Curcuruto, oggi assessore regionale all’Urbanistica, dovrà restituire 12mila euro. Cioè una parte di quanto ha percepito.

I giudici (presidente Lorusso, estensore D’Alessandro) hanno infatti condiviso la prospettazione accusatoria del vice-procuratore Antonio D’Amato, ma hanno «temperato» la sanzione perché il caso, in effetti, è molto particolare. La legge impone ai dirigenti pubblici l’obbligo di farsi autorizzare per lo svolgimento di incarichi professionali, e in caso contrario prevede che il compenso debba essere versato al fondo di produttività per essere così diviso tra tutti i dipendenti.

Nel lontano 1992, il Comune di Conversano aveva affidato a un gruppo di professionisti l’incarico di predisporre la variante generale per l’adeguamento del vecchio piano di fabbricazione alla legge 56/80. Tra questi professionisti c’era anche l’architetto Curcuruto, all’epoca dirigente dell’ufficio tecnico. Nel 1999 la professionista passa al Comune di Bari, e - rispettando la legge - comunica alla nuova amministrazione l’esistenza di quel vecchio incarico. Ma nel 2010, quando Conversano affida «in estensione» agli stessi progettisti un nuovo incarico per la redazione del Piano urbanistico generale, tratta in inganno proprio da quella locuzione («in estensione») la Curcuruto ritiene che si tratti sempre dello stesso incarico e dunque non ritiene di doversi fare autorizzare.

La dimostrazione del danno erariale richiede la colpa grave, e alla Curcuruto non è bastato invocare la buona fede. «Se è vero - hanno scritto i giudici contabili - che il Comune di Conversano impiega una locuzione obiettivamente inesatta perché, pur intendendo dare continuità all’incarico pregresso, conferisce un incarico nuovo e diverso (...), non può revocarsi in dubbio che l’amministrazione di appartenenza avrebbe dovuto essere doverosamente posta a conoscenza del nuovo». Tuttavia, secondo la sentenza, la colpa della Curcuruto non raggiunge «i livelli massimi della sua rilevanza»: per questo, a fronte dei 17mila euro percepiti, dovrà restituirne solo 12mila. Ma l’interessata annuncia ricorso: «Era il Comune di Conversano - dice - a dover chiedere l’autorizzazione, non l’ha fatto perché riteneva che non fosse necessario. È evidente che quell’incarico fosse in continuità, è chiaro che si trattava sempre di un piano urbanistico generale». [m.s.]

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