l'ex direttore generale Arpa

Assennato: Non esaurienti i dati epidemiologici sull'Ilva»

Assennato: «Più efficace misurare la tossicità degli inquinanti»

Giuseppe Armenise

«Uno studio ottimo, che ha dato ottime risposte per il fine per il quale era stato disegnato, ma se ne sta facendo un uso sbagliato». Così l’ex direttore generale dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente, Arpa Puglia, Giorgio Assennato sui dati epidemiologici di mortalità e malattie correlate all’esposizione degli inquinanti nei quartieri Tamburi e Porto di Taranto. Uno studio che, proprio perché legge quanto racconta l’epidomiologia, si ferma all’ultima annualità di dati disponibile, il 2014.

Professor Assennato, cosa c’è che non va nello studio dell’Asl Lazio con Arpa e Ares Puglia?

«Guardiamo le tabelle. I grafici su mortalità e malattie respiratorie tra 2013 e 2014 registrano un calo che in qualche maniera rispecchia il calo della concentrazione di polveri Pm10. La domanda è: questo calo ha un’evidenza sanitaria? Se fosse vero, come dice lo studio, che all’aumento di ciascun microgrammo di polveri per metro cubo d’aria corrisponde un aumento dell’8% della mortalità, allora a un crollo di polveri pari a meno 3 microgrammi, come si legge nella tabella, dovrebbe corrispondere un analogo abbattimento delle morti del 24%».

E invece?

«Invece non è così perché lo studio segue la logica dei limiti ambientali di concentrazione degli agenti inquinanti. Secondo il decreto dell’allora ministro Balduzzi, all’Ilva è solo all’Ilva è consentito limitarsi a rimanere nei limiti per rispettare le prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale Aia. Questo in barba alla legge regionale che ha introdotto la valutazione del rischio sanitario e che, proprio in funzione del decreto Balduzzi, all’Ilva non si applica».

Per avere dati più puntali, allora, come si dovrebbe procedere?

«Partiamo da una domanda: qual è stato il rischio in questi ultimi quattro anni? Meglio ancora: l’Ilva uccide anche oggi o no? A questa domanda non può rispondere lo studio su mortalità e morbilità perché tale studio non è stato disegnato per fare questo. E questo perché in realtà, per una valutazione di questo tipo, occorre applicare non già un metodo epidemiologico ma tossicologo».

Cosa intende?

«La Regione aveva avviato un altro studio basato sulla tossicità, il cosiddetto progetto ionico salentino al quale stavano lavorando i Cnr di Bari e Lecce e le Università di Bari, Salento, Milano e Brescia. Da esami in vitro effettuati in laboratorio era emerso che, a parità di Pm10, comunque le polveri prelevate al quartiere Tamburi si erano rivelate più tossiche».

Cosa ne è stato di questo progetto?

«Al momento è stato interrotto. Un errore, secondo me. Un eventuale riesame dell’Aia rilasciata all’Ilva può passare solo se da un lato si ritira il decreto Balduzzi e dall’altro se, riattivando il progetto ionico-salentino, si definisce il livello di tossicità degli inquinanti».

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