gravina
La villa che fu dei clan ora «tesoro» di tutti
Il passaggio è stato formalizzato con decreto dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, che ha accolto l’istanza avanzata dall’amministrazione comunale
di MARINA DIMATTIA
GRAVINA - Lavori di riutilizzo sociale in corso. Da quando una villa nel cuore delle campagne gravinesi, confiscata dallo Stato alla criminalità organizzata, è entrata a far parte del patrimonio del Comune. Con conseguente condanna delle mafie nella loro componente economico-finanziaria.
Il passaggio è stato formalizzato con decreto dall’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati, che ha accolto l’istanza avanzata dall’amministrazione comunale.
Lo scorso dicembre la giunta presieduta dal sindaco Alesio Valente aveva manifestato, con specifica delibera, il proprio interesse all’acquisizione del manufatto, costituito da due fabbricati realizzati in contrada Selva, per utilizzarlo per finalità istituzionali o sociali.
Nei giorni scorsi è arrivata la risposta, positiva, con l’atto di trasferimento del bene, che adesso potrà essere gestito dall’ente locale oppure, attraverso apposita convenzione, da associazioni, cooperative sociali, centri di recupero e cura di tossicodipendenti. In ogni caso, sempre e solo per scopi di utilità collettiva.
Musica soave per le orecchie di numerose realtà associative, in cerca di una soluzione al loro nomadismo. «Un segnale chiaro, inequivocabile, forte - commenta il primo cittadino -. È la dimostrazione che anche a Gravina l’impegno per la legalità è in cima alle priorità della comunità e degli amministratori», sottolinea Valente. E aggiunge: «Un importante risultato è stato conseguito. Adesso occorre proseguire con determinazione lungo la strada intrapresa e far sì che l’immobile passato nelle mani del Comune torni a vivere e ad essere esso stesso, specie sul piano simbolico, centro propulsore di legalità».
Un obiettivo, conclude il sindaco, «da raggiungere con il coinvolgimento della società civile, innnanzitutto Libera, l’associazione “Sentieri della legalità” e l’Associazione antiracket, con le quali abbiamo già portato a termine diverse iniziative. Continueremo su questa via, per costruire insieme, anche sul piano della passione civile, la Gravina che vogliamo».
Prima di qualche giorno fa gli unici ambienti in territorio gravinese sottratti alla criminalità erano un locale in via Pietro Micca 39, tra la zona «Caccia» e via Ragni, con la serranda chiusa da un paio d’anni, e l’appartamento accanto al garage, al numero 38. Su impulso del presidio Libera di Gravina (associazioni, nomi e numeri contro le mafie) già lo scorso luglio questi immobili finirono sotto la lente di ingrandimento dell’assessore al patrimonio Liborio Dibattista che, insieme ai tecnici del Comune, effettuò un primo sopralluogo. Ma il segno tangibile di come la criminalità talvolta soccomba sarà avvertito dalla comunità solo quando la ricchezza mafiosa sarà trasformata in bene comune.