Squali, nel mare poco pesce, così hanno iniziato a mangiare... gli uomini

SYDNEY - Il numero degli attacchi di squali nelle acque australiane e californiane, negli ultimi ottant'anni, è aumentato drammaticamente, e, secondo un affermato biologo marino dell'Australia Meridionale, la ragione è assai semplice: gli squali stanno imparando a mangiare gli uomini. «Ci sono posti, lungo le coste dell'Australia Meridionale o della California, dove all'inizio del secolo c'era un attacco ogni trent'anni. Oggi ce n'è uno l'anno», dice Scoresby Shepherd dal suo ufficio del South Australian Research Institute, a Port Lincoln. Il professor Shepherd, studiando le statistiche pubblicate in Australia e in California, ha notato che gli attacchi, che siano mortali oppure no, sono diventati un fenomeno costante. «Il punto è questo. In acqua ci sono sempre più persone e sempre meno pesci, soprattutto tonni, preda naturale degli squali. E' soltanto ragionevole aspettarsi che gli squali prima o poi provino una nuova dieta. Il cambiamento di preda è un fenomeno biologico piuttosto comune, e lo squalo lo attua da sempre, perchè mangia quello che trova», spiega ancora Shepherd. La dieta dei grossi squali bianchi, che nuotano tra Australia, Sudafrica e le coste della California, in effetti è cambiata. Mangiano meno pesce e più foche, per esempio. Un pericolo in più per le persone in mare: visti da sott'acqua, un uomo a cavalcioni di una tavola da surf, o un subacqueo con muta e pinne, ricordano forma e movimenti di una foca.


Gli squali si stanno davvero evolvendo in mangiatori di uomini? «Aspettarci un cambiamento nelle abitudini alimentari degli squali è solo ragionevole. Sarei sorpreso se non accadesse», commenta Shepherd. John West, che cura per lo zoo di Sydney «Taronga» le statistiche sugli attacchi degli squali in Australia, dice però che il contatto tra uomini e pesci è stato troppo breve perchè un cambiamento simile possa essersi già attuato. «Gli squali sono in mare da 400 milioni di anni, l'uomo solo dagli ultimi cinquant'anni, da quando sono state inventate le mute subacquee. Se gli squali ci considerassero una preda, ci sarebbe già stata un'impennata nel numero degli attacchi, cosa che non è avvenuta», spiega West. I dati di West - che fotografano la sola Australia - risalgono indietro di 213 anni e mostrano un totale di 654 attacchi (dal 1792), dei quali 192 mortali. La percentuale è di un 1,3 morti l'anno, contro l'1,2 degli ultimi cinquant'anni. Shepherd va oltre: «Che ci siano più attacchi è un fatto noto, solo che finora è stato spiegato con il più alto numero di persone in acqua. Vero, ma bisogna leggere tra le righe per cogliere il vero significato: gli squali ci stanno assaggiando». Casi di persone divorate dagli squali esistono, come racconta West. «Soprattutto in specie come gli squali Tigre, noti per mangiare qualsiasi cosa. Nel loro stomaco sono state trovate targhe di automobili, pezzi di barche, brandelli di copertoni di camion, e braccia o gambe umane, nemmeno masticate. Sono animali che prima ingoiano poi pensano se e commestibile», dice il ricercatore di Sydney. Secondo Shephard «l'uomo non è il cibo preferito, sia perchè per loro è un sapore nuovo, ma soprattutto perchè ha una carne che non è abbastaza grassa, come è invece quella delle foche. Ma - conclude il ricercatore - gli squali sono animali assai pratici. Mangiano ciò che arriva in tavola».

Ma l'esperto contesta: preferiscono i tonni a noi
Una dieta a base di uomo? Non per gli squali che continuano a preferire i tonni e, in mancanza di pesce, i mammiferi marini «ma l'uomo proprio no». Anzi sono loro, gli squali, a finire sulle tavole di mezzo mondo. A escludere che l'uomo sia entrato nel regime alimentare degli pescecani uno dei massimi esperti della materia, Alberto Luca Recchi.
«Esistono casi di attacchi all'uomo ma non casi in cui lo squalo mangia l'uomo», ha detto Recchi in merito alle notizie che arrivano dall'Australia dove un biologo sostiene che agli squali comincia a piacere la carne umana. «Quando ci assaggiano - ha aggiunto Recchi - ci risputano. E' vero che sono animali opportunisti ma per cambiare abitudini ci vogliono migliaia e migliaia di anni». «Quando possono scegliere - ha spiegato l' esperto - mangiano pesce. Il loro cibo preferito sono i tonni. In mancanza di pesce si orientano sui mammiferi marini. E questi sono dati di fatto. C'è anche da dire che gli attacchi sono aumentati in alcune zone del mondo perchè sono anche molti di più i bagnanti e il mare è molto più affollato. Gli squali possono sbagliarsi e sferrare un attacco. Ma solo in questi termini».
«Nel Mediterraneo non ci sono questi rischi. Ci sono stati due attacchi, e anche non troppo chiari - ha riferito Recchi - in 50 anni. Un numero nettamente basso se si considera che sono 200 i milioni di bagnanti che frequentano le acque del Mare Nostrum». «Da noi non si avvicinano neanche alle coste perchè inseguono i tonni a largo - ha detto ancora Recchi - e poi noi non abbiamo le barriere coralline che fanno da polo di attrazione per le prede degli squali».
Recchi ha quindi sottolineato invece il fatto che sono gli squali a finire nei piatti dell'uomo: «L'Italia con circa 12 mila tonnellate all'anno - ha ricordato - è uno dei maggiori importatori di carne di squalo». Il rischio è l'estinzione. Secondo stime degli ambientalisti inglesi, per stare al passo con la domanda, l'industria alimentare ha bisogno di 270 mila squali ogni giorno che vuol dire almeno 100 milioni di esemplari uccisi l'anno con una perdita, entro il 2017, di molte delle circa 100 specie commestibili.
«L'estinzione degli squali - ha detto Recchi - sarebbe un grave danno. Questi pesci eliminano gli animali in soprannumero, ammalati o deboli. Sono i controllori della salute degli oceani e se avessimo l'equivalente tra gli uccelli avremmo avuto un bell'aiuto con la questione influenza aviaria».

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