l'ordinanza
Molfetta, sindaco Minervini ai domiciliari insieme a una dirigente: «L'appalto del porto in cambio di voti» TUTTI I NOMI
L'ordinanza del gip Chiddo dopo le richieste della Procura di Trani: interdetto l'imprenditore portuale Totorizzo. La difesa: «Faremo ricorso al Riesame»
E' finito ai domiciliari il sindaco di Molfetta, Tommaso Minervini, 70 anni, nell'ambito dell'inchiesta della Finanza su appalti e favori nell'ambito delle elezioni amministrative 2022. Lo ha deciso il gip Marina Chiddo a seguito dell'interrogatorio preventivo cui il 2 maggio erano state sottoposte otto persone.
L'ordinanza cautelare, in parziale accoglimento delle richieste della Procura di Trani, ha disposto i domiciliari anche per la dirigente Lidia De Leonardis, 58 anni di Bari. Interdizione per un anno per i dirigenti comunali Alessandro Binetti, 58 anni di Bari e Domenico Satalino, 54 anni di Bari e divieto di dimora a Molfetta per un ex luogotenente della Finanza, Michele Pizzo, 60 anni, residente a Molfetta (avvocato Andrea Calò). Divieto di contrarre per un anno all’imprenditore portuale Vito Leonardo Totorizzo, 79 anni di Bari. La Procura aveva revocato la richiesta nei confronti dell’ex autista (e cugino) del sindaco, Tommaso Messina, 66 anni di Molfetta (risponde di peculato per l’utilizzo dell’auto di servizio) perché nel frattempo era andato in pensione. Revocata anche la richiesta di misura nei confronti del funzionario comunale Mario Morea, 64 anni di Bari.
A carico di Minervini (difeso dagli avvocati Mario Malcangi e Tommaso Poli), che è alla guida di una coalizione civica in cui ci sono destra, centro e sinistra, il gip ha riconosciuto la sussistenza dei gravi indizi per tutte le contestazioni ad eccezione di quella relativa alle nomine di due esponenti politici nella Multiservizi. L'accusa di peculato relativa all'auto di servizio è stata riqualificata in peculato d'uso.
Le accuse formulate dai pm Francesco Aiello, Marco Gambardella e Francesco Tosto, a vario titolo e secondo le rispettive responsabilità sono di corruzione, turbativa d’asta, peculato e falso, oltre che depistaggio, frode in processo penale e rivelazione di segreto d'ufficio, frode in pubbliche forniture per 21 ipotesi di reato (non per tutte era stata richiesta la misura cautelare). Il fulcro dell’indagine è il nuovo porto commerciale di Molfetta, già oggetto di un’inchiesta per corruzione nel frattempo approdata a processo. L’accusa ritiene che Minervini avrebbe promesso a Totorizzo, uno dei più importanti operatori portuali pugliesi, la gestione per trent’anni delle nuove banchine portuali in cambio di sostegno elettorale che si sarebbe sostanziato nella candidatura del figlio Giuseppe Totorizzo nella lista «Insieme per la città». Nel suo interrogatorio preventivo Totorizzo ha ammesso parte delle condotte contestate. Minervini si era difeso, parlando per oltre 8 ore, sostenendo di aver fatto scelte "per il bene della città".
La difesa del sindaco Minervini annuncia ricorso al Riesame contro i domiciliari. «Credevamo di aver spiegato le contestazioni nel lungo interrogatorio del 2 maggio. Ci aspettavamo un esito diverso. La convinzione – dice l’avvocato Tommaso Poli - è che il sindaco Minervini abbia agito con onestà e nell'esclusivo interesse della città di Molfetta. Del resto anche la Procura ha dato atto che nessun vantaggio è derivato al sindaco dalle condotte contestate».