L'incontro
Bari, dialogo con qualche frizione: il «patto della libreria» Fitto-Decaro
Il ministro e il leader Anci sullo stesso fronte nella sfida per semplificare la spesa del Pnrr durante la presentazione del saggio di Claudio Cerasa «Le catene della destra»
BARI - Una intesa istituzionale, oltre gli steccati, per semplificare la spesa degli enti locali impegnati nella sfida delle realizzazioni con i fondi del Pnrr: il ministro degli Affari Europei (e non solo) Raffaele Fitto e il presidente nazionale Anci Antonio Decaro hanno trovato piena sintonia sulla necessità di sburocratizzare le modalità di accesso alle risorse europee nonché le procedure per arrivare ad una cantierizzazione dei bandi. L’occasione per questo «patto» è nata alla presentazione del libro Le catene della destra (Rizzoli) di Claudio Cerasa, che ha moderato il dibattito nella libreria Liberrima di Bari, con in sala un pubblico variegato: da Daniela Mazzucca presidente della Fondazione Di Vagno a Mario Greco, già parlamentare di Fi, da Angiola Filipponio Tatarella a Mimmo Di Paola, al capogruppo regionale di Fdi Francesco Ventola nonché al presidente di Confindustria Puglia Sergio Fontana e al dg delle Fal Matteo Colamussi oltre a un folto gruppo di giovani renziane di stretta ortodossia.
Se Decaro, intrattenendosi con i giornalisti è tornato a chiedere un nuovo intervento legislativo sull’abuso di ufficio che tarpa le ali alle azioni amministrative dei sindaci («sembra che ci sia il mero reato di essere sindaco», ha detto con una battuta indovinata), Cerasa ha indirizzato la discussione sulla riflessione «tra persone intelligenti di centrodestra e centrosinistra», riconoscendo i leader pugliesi tra i protagonisti dell’attuale stagione politica. Fitto ha raccolto la provocazione su cosa lo preoccupa d questo frangente soffermandosi «sulla situazione generale» e sul Pnrr, «che è stato pensato due anni e mezzo fa», e non tiene conto «della guerra, dell’aumento dei prezzi dei materiali e della crisi energetica». Da qui il rilievo di come sia legittimo rivederlo nel binario delle regole Ue. Decaro, che non ha grande feeling con Fitto (ricambiato), ha replicato interrogato sulle cose buone che avrebbe fatto il governo Meloni: «In un mese non si fanno grandi danni…».
Incalzato dai giornalisti, ha anche chiarito di non pensare affatto alla Regione. «Io governatore? Per ora devo fare il sindaco per altri due anni. Poi capiremo cosa fare». Quindi ha attaccato con stile il primo decreto anti-rave, ma ha riconosciuto che con Palazzo Chigi si è sulla buona strada per dare risposte alle difficoltà degli enti locali sulle spese energetiche. Sulla presunta identità di veduta tra il governo Draghi e quello della leader della destra, invece, Fitto ha spiegato che «sulla politica internazionale è Fdi ad aver sempre avuto la barra dritta, come tutta la coalizione, mentre in Ue alcuni esponenti dell’opposizione», sulla mozione anti-Russia, «hanno avuto altre linee». E qui Decaro ha risposto per le rime, ricordando che «i populisti» fino a poco fa consideravano «l’Ue come un nemico senza trovare però soluzioni». Il sindaco di Bari, colpendo nel segno, ha poi enumerato con vigore i cervellotici passaggi che un amministratore deve fare per realizzare un asilo con i fondi Pnrr e con i fondi ordinari. Davanti a questa Babele, ha invitato Fitto a prendersi carico di un impegno alla semplificazione delle procedure, tema che il ministro, in un immaginario «patto della libreria», ha condiviso, spiegando che «è un dovere rendere la semplificazione strutturale».
Sullo sfondo poi ci sono state una serie di frecciate reciproche («ho visto passare tanti governi», ha sentenziato Decaro, con Fitto che si è difeso auspicando «che passino tanti sindaci…»), fino alla chiusura sull’attualità. Il leader di Maglie ha chiesto a Decaro notizie sul congresso dem e il primo cittadino ha dichiarato il suo sostegno ad un progetto dal basso degli amministratori (quindi presumibilmente guidato da Stefano Bonaccini, governatore emiliano e non in contrasto totale con Dario Nardella) «che hanno vinto nei territori» per «prendersi la responsabilità di far tornare il Pd un partito plurale», calibrato su lavoro, cambiamenti climatici e condivisioni dei programmi con i cittadini. Giù il sipario.