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Bari, i treni della Sud-Est per due anni senza revisione: «Non sapevamo farla»

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Treni  Ferrovie Sud Est

L’ammissione dell'ad Giorgio Botti, sentito come testimone nel processo per bancarotta a 14 persone (tra cui l’ex numero uno Luigi Fiorillo) che riprenderà domani

Lunedì 14 Novembre 2022, 13:43

BARI - I treni Atr-220 acquistati dalla polacca Pesa hanno circolato per almeno due anni senza la revisione prevista per legge. Il particolare è stato candidamente ammesso dall’amministratore delegato di Ferrovie Sud-Est, Giorgio Botti, sentito come testimone nel processo per bancarotta a 14 persone (tra cui l’ex numero uno Luigi Fiorillo) che riprenderà domani a Bari per completare la deposizione del direttore finanziario di Fse, Michele Calvello.

Nell’udienza del 20 settembre Botti ha risposto alle domande dei difensori degli imputati, tutti accusati - a vario titolo e secondo le rispettive responsabilità - di concorso nella bancarotta dell’azienda, finita in concordato con 200 milioni di debiti e passata sotto la gestione del Gruppo Fs.

Gli Atr erano all’epoca i treni più nuovi della flotta Sud-Est, comprati dal 2008 al 2009, e destinati a essere sottoposti a revisione a partire dal novembre 2016. Cioè a cavallo dell’uscita di Fiorillo e dell’arrivo prima del commissario Andrea Viero e poi dei vertici nominati da Fs. In quel momento circolavano solo 11 dei 26 Atr-220, perché Sud-Est era in grado di effettuare internamente solo la manutenzione ordinaria. «Per assicurare l’esercizio in sicurezza - ha messo a verbale Botti -, l’unica strada era valutare se c’era questa possibilità di derogare, visto che i treni erano stati utilizzati poco, pochissimo, avevano delle percorrenze molto basse rispetto all’anzianità. Il fatto che avessero percorrenze molto basse ci ha consentito con delle precauzioni di mantenerli in esercizio. Tant’è che, incrociando le dita, fino a ieri non è successo nulla. Quindi, poi le manutenzioni cicliche sono state fatte e il ciclo è stato ripreso, senza avere avuto inconvenienti di esercizio su questa categoria di treni».

Durante l’udienza è emerso che Fse ha preso questa decisione senza ottenere una formale autorizzazione da Ansfisa, l’Autorità di vigilanza sulla sicurezza dei trasporti: «La responsabilità di chiedere... non di chiedere, di autorizzare internamente questa deroga - ha spiegato Botti -, è solamente dell'azienda che deve fare una valutazione dei rischi». E che ha poi affidato la manutenzione ciclica in parte a Trenitalia, in parte al costruttore, a un costo ben maggiore (circa un milione a treno) rispetto a quelli previsti dal contratto originario con la Filben, la società che se ne occupava prima del commissariamento.

Le difese (compreso Fiorillo) mirano a dimostrare che l’operazione di salvataggio di Fse non sarebbe dovuta passare dal concordato preventivo. «Il concordato è stato ammesso dal Tribunale - ha ribattuto il difensore della società, Mario Zanchetti -, non si può continuare a dire che Fs avrebbe dovuto pagare a piè di lista tutti i danni fatti dalla gestione precedente».

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